Per leggere la parte #1 Il gioco della lotta di “Un materasso rosso”, clicca qui.
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#2 Genitori invadenti?
Durante le mie osservazioni seduta vicino al materasso rosso non ho potuto fare a meno di includere nel mio sguardo i comportamenti dei genitori che, alle volte, si affollano intorno allo scivolo per sorvegliare i giochi dei figli.
La prima cosa che devo sottolineare è la grande differenza nelle dinamiche relazionali tra i bambini in presenza o meno degli adulti.
Che i bambini mettano in campo strategie completamente differenti a casa e a scuola è risaputo. Da un lato i diversi tipi di comportamento che i nostri figli attuano in società o tra le mura domestiche sono rassicuranti perché ci segnalano che essi sono in grado di scegliere le persone e selezionare i luoghi verso le quali e nei quali poter esprimere tutta la sfumata gamma dei sentimenti e delle emozioni umane. Gli stessi adulti trovano conforto tra le braccia delle persone care e amate o litigano con esse senza apparente motivo dopo una giornata difficile: sappiamo che chi ci ama ci accoglierà ugualmente e non ci abbandonerà per aver mostrato di noi il lato più fragile o più aggressivo. La stessa cosa fanno i bambini e poiché in loro le emozioni sono maggiormente amplificate (è l’accumulo di esperienze infatti ad aiutarci nella decodifica e nella giusta canalizzazione dei sentimenti) e i luoghi vengono interpretati in base alle persone che li popolano piuttosto che per la loro specificità sociale, assistiamo spesso, in presenza dei genitori, a epocali capricci o a dimostrazioni di disarmante timidezza.
Possiamo considerare queste esternazioni come dimostrazioni d’affetto anche se è chiaro che non deve mancare, in contemporanea, una spinta educativa che, tendendo conto dell’indole del bambino, incanali queste manifestazioni in griglie di comportamento accettabili e gestibili.
Fatta questa doverosa premessa, devo constatare che la presenza dei genitori in contesti che non necessitano della loro supervisione, è capace di trasformare il gioco più divertente in un vero e proprio dramma. Se la vacanza è il tempo ideale per trascorrere un tempo più disteso insieme ai nostri bambini, non per questo deve tramutarsi in una frequentazione assidua e costante che non tiene conto dell’importanza della libertà reciproca.
Ritengo che sia molto utile e salutare per un genitore usufruire della pausa estiva per dedicarsi all’osservazione dei figli approfittando dello spazio del gioco per constatare i loro progressi, le difficoltà, i punti di forza e le loro debolezze. Questo può però avvenire solo se il nostro sguardo è uno sguardo discreto, molto attento e sensibile che, pronto, sa nascondersi dietro il tronco di un albero, nel folto di un cespuglio o negli occhi di un altro adulto che, nostro complice, si diverte quanto noi ad osservare il gioco dei propri bambini.
E’ altresì assolutamente necessario essere guidati da un profondo senso di fiducia nei confronti dei figli, mentre da lontano lasciamo che sperimentino tutte le fasi del gioco in cui sono previsti anche momenti di scontro, di esplorazione motoria e di noia. Il nostro tempestivo intervento deve essere limitato solo a vere e proprie emergenze, ma è su questo punto che cadono in molti rovinando, ahimè, le dinamiche in fieri tra i bambini coinvolti.
Quando un bambino è davvero in pericolo?
Prendiamo ad esempio la lotta sul materasso rosso e lo scivolo di Annatal.
I genitori intervengono per:
- regolamentare la discesa e disciplinare la fila
- per intimare ai propri figli (anche se questi avevano più di quattro anni) di non sostare davanti allo scivolo una volta arrivati a fine corsa
- di non risalire lo scivolo al contrario
- di non allargare le gambe durante la discesa per non farsi male
- di non fare la lotta sul materasso
- di stare attenti alle scale
- di sbrigarsi a scivolare
- di non fare trenini (specialmente se il bambino in arrivo alle spalle non lo si conosce o è piccolo)
- di stare attenti ai bambini piccoli.
Con queste regole e incitamenti il gioco sullo scivolo si riduce ad un monotono e ordinato scivolare su e giù e la potenzialità del materasso rosso completamente annullata. In effetti pare chiaro che il materasso rosso è, per i genitori, solamente un intelligente espediente per evitare che i bambini si facciano male all’arrivo del lungo scivolo.
Non solo il gioco diventa insopportabilmente noioso, ma con il genitore presente ogni minima difficoltà si trasforma in un capriccio o in un lamento continuo rendendo l’atmosfera terribilmente deprimente e stressante.
Se poi i genitori-sentinella sono più di tre, si innescano meccanismi ancora più castranti perché gli adulti tendono a incitarsi gli uni con gli altri pur senza mai interagire verbalmente tra loro. Si instaura una strana sorta di competizione: la maleducazione del bambino altrui deve in qualche modo determinare la bene educazione del proprio. I genitori spesso si giudicano ferocemente gli uni con gli altri e una guerra di sospiri e di sguardi disapprovanti, per quanto dimessi e ben nascosti, inizia a rendere il contesto invivibile e molto teso.
Difficilmente ho visto genitori collaborare alla felice riuscita di un gioco di movimento gettandosi sul materasso insieme ai figli o ridere di una discesa particolarmente spericolata.
I genitori sono terrorizzati all’idea che possa succedere qualcosa di grave ai figli o che questi siano considerati ineducati.
Come ho potuto constatare più volte, il gioco dello scivolo e del materasso senza la presenza dei genitori si svolge in perfetta armonia e pur nella sua dinamicità lascia spazio alla dolcezza, all’accoglienza, alla pazienza e al coraggio.
Analizziamo nel dettaglio le fobie che spingono i genitori ad intervenire concedendo per quaranta minuti campo libero ai nostri figli.
6 pensieri su “Un materasso rosso #2”
Sono fortemente d’accordo, spesso la paura e l’ansia che come genitori proviamo in forma preventiva nei confronti dei figli è dovuta alla difficoltà di gestire l’insuccesso, l’errore, la prestazione mal riuscita. Invece dagli errori si impara tanto, e i bambini devono poter sbagliare senza preoccupazioni, senza timori, senza frustrazioni da competitor incalliti. Ma prima di loro, dobbiamo cambiare mentalità noi adulti.
Sono anch’io d’accordo ma mi rendo conto che qui in Italia questa consapevolezza passa attraverso un processo critico complesso. In altri contesti, in altre culture non è così, già tu ne hai parlato nel post “uno scivolo giallo”. Posso parlarti per il mio paese, dove le mamme si siedono a chiachierare su una panchina mentre i bimbi fanno salti mortali senza essere nemmeno guardati. “Lasciali stare, i bambini sono di gomma” è la classica risposta di una madre venezuelana davanti a un richiamo di attenzione che venga da parte di un’altra persona. Un attegiamento così in Italia viene visto come un atto di grande irresponsabilità da parte di un genitore.
Un tempo i genitori non c’erano nemmeno e i bambini giocavano da soli tra le stradine dei paesi facendo le cose più spericolate che potevano inventarsi. Oggi questo non è proprio possibile, il che ci pone in una condizione difficile a noi genitori: quale è il limite tra responsabilità e libertà, quando dobbiamo intervenire?. In ogni caso è una domanda che dobbiamo porci ognuno di noi, mettendo nella bilancia chi siamo e quali sono i nostri limiti. la cosa che mi sembra importante è non lasciarci influenzare dal contesto ma trovare le risposte in noi stessi.
Cara Adriana,
il tipo d’infanzia che possiamo regalare ai nostri figli è strettamente legata alla cultura in cui viviamo e non a caso i bambini imparano, nei primi anni di vita, non solo parole e gesti, ma anche stili di vita e di pensiero. In una società fortemente tecnicista come la nostra il rischio di allontanarsi dalla natura è sempre presente e incombente. Come conciliare natura e cultura, è un annoso problema e forse la risposta sta nel tuo commento e in quello di Lorenzo: ciascuno trova il proprio equilibrio.
Più teniamo lontana la dimensione naturale più ce la ritroveremo nel nostro inconscio e nelle nostre paure. Non siamo fatti per vivere isolati dagli alberi e dalla terra: se costruiremo città volanti avremo sempre bisogni di un giardino, se ci intratteremo troppo nel mondo dei pensieri avremo bisogno di un orto. Più ci allontaniamo dagli archetipi fondamentali racchiusi nel vento, nel chiaro di luna, nell’ombra di un melo più i nostri figli cadranno, si faranno male e sin allontaneranno da noi fino a quando non avranno trovato di nuovo la strada di casa, il giardino segreto, l’eden perduto.
Stà a noi decidere oggi cosa vogliamo fare con il tempo che ci viene concesso. Libertà, attenzione e cura non sono tre parole distanti tra loro: si assomigliano, si specchiano l’una nell’altra. Ci può essere libertà e amore anche nel lasciare spazio all’imprevisto, nello sguardo che osserva da lontano, nell’assecondare un corpo piccolo che si muove felice. Se i nostri figli cadranno mentre abbiamo loro permesso di sperimentare la gioia, allora torneranno da noi, tra le nostre braccia dove saranno certi di trovare una dimora, e non una gabbia, per il loro spirito.