Quotidianamente cerco di vivere il mio tempo con entusiasmo e lucidità, guardando alla contemporaneità con spirito critico da un lato e fiducia dall’altro; del resto non potrei fare altrimenti dato che sono una libraia e incontro ogni giorno bambini, maestre e genitori.
E’ facile avere nostalgia del passato e ancora più facile avere della storia un’immagine a posteriori, specialmente se la nostra malinconia è mutuata dalle pagine dei libri, dalla cinematografia e da un ricordo vivido della nostra infanzia. Senza necessariamente passare per “si stava meglio quando si stava peggio” o “non esistono più le mezze stagioni”, in una libreria si può approdare alla frase “non ci sono più i bambini di una volta” con una frequenza piuttosto disarmante.
Parlando con molti nonni, genitori e maestre, potrei convincermi che i bambini di oggi non leggono più, non ascoltano più, non giocano più… e via dicendo.
Sul perché i bambini pare si siano allontanati dai libri, specie dopo i sei anni d’età è un problema che mi sta molto a cuore come libraia e come formatrice.
Ho dunque deciso di dedicare una serie di articoli a questo argomento per cercare di mettere in ordine alcune teorie nate dalla mia esperienza quotidiana con bambini, genitori e maestre.
Ritengo in primo luogo che sia molto pericoloso generalizzare sulla questione perché i bambini temono le categorie come il fuoco teme l’acqua. Sentirsi parte di questa comunità di “a-lettori” può produrre sui bambini effetti diversi: può rassicurare se il bambino non ama leggere -in fondo sono tutti così -; può demotivare – perché impegnarsi se l’opinione sul mio conto è già prestabilita? -; o emarginare – se amo leggere cosa penseranno gli altri di me?.
La cosa peggiore di un simile atteggiamento da parte degli adulti è che molto spesso, in libreria, i genitori e gli insegnanti si lasciano sfuggire tali considerazioni davanti ai bambini; dopo questo genere di osservazioni mi è sempre difficile procedere a consultare lo scaffale in cerca del libro giusto, mentre il piccolo lettore, probabilmente già assuefatto a certi critiche, si sente definitivamente assolto dal non essere all’altezza della situazione e inizia a guardasi intorno annoiato. A volte, giunti a questo vicolo cieco, sfodero il trucco del “club della pagina 99”, ovvero consiglio al bambino che non sa quale libro di narrativa scegliere, di affidarsi alla pagina n° 99: se quella pagina gli piacerà e probabile che anche il resto del libro sarà di suo gradimento. Oltre ad essere un metodo efficace per i libri con più di 200 pagine, è anche un espediente entusiasmante per far intraprendere al bambino (e al genitore) un piccolo viaggio attraverso le storie.
(potete anche istituire il “club di pagina 33” se il libro è di poco superiore alle 100 pagine, l’importante è che la pagina prescelta sia circa a metà della storia). Scivolando con noncuranza sui pregiudizi intorno a libri e bambini, dispongo sul tavolo diversi libri dopo aver giusto accennato l’argomento di cui parlano e qualche nota sull’autore, dopo di che, grazie al “club di pagina 99”, genitori e figli si rilassano e di dedicano ad una lettura silenziosa delle pagine in questione per poi scambiarsi successivamente le proprie impressioni.
Uno dei motivi che allontanano i bambini dalla lettura non è solo costituito da un tempo disordinato, caotico e frettoloso, ma dai pregiudizi che gli adulti hanno maturato nei confronti della lettura (oltre che sui bambini), pregiudizi nati da un’eccessiva semplificazione degli strumenti dati ai ragazzi (libri compresi), dal prevalere delle immagini sulla parole e dal ritenere, erroneamente, che tutto debba essere “a misura”.
Mai prima di oggi all’infanzia è stato dato un posto così centrale e importante; non parlo da un punto di vista pedagogico e filosofico, ma da un punto di vista sociale, poiché, oggi, quasi ogni genitore alle prime armi porta con sé un bagaglio di conoscenze di base a cui fare riferimento, e se non lo ha, sa che sarebbe opportuno aggiornarsi e informarsi.
A questo proposito è innegabile che il bambino sia uno tra i soggetti commerciali più importanti dell’economia mondiale; basti pensare a quanti prodotti si muovono oggi intorno all’infanzia: dall’automobile al villaggio turistico, dall’editoria ai giocattoli, dai prodotti alimentari a quelli per l’igiene, dalle attività para scolastiche alle scuole private, dal verde pubblico al comfort domestico e via dicendo. Ma se vogliamo ribaltare un po’ la prospettiva delle cose e non vedere solo gli aspetti negativi di questa centralità, possiamo constatare che perfino l’attenzione commerciale per l’infanzia ha contribuito a formare una coscienza collettiva (prevalentemente occidentale) del tutto straordinaria rispetto ai secoli precedenti.
Le idee intorno a ciò che sia più adatto, opportuno, giusto e stimolante per un bambino, si diffondono molto velocemente e sono in grado di influenzare, oltre all’ambiente famigliare, pubblico e scolastico, anche l’editoria per bambini e ragazzi e dunque gli scaffali delle librerie. Il lato positivo è certamente un ritrovato interesse per il libro per ragazzi e una produzione abbondante (forse eccessiva?) di albi illustrati, categoria editoriale che negli ultimi quindici anni ha goduto di una crescente notorietà. Ovunque vengono aperte librerie specializzate in letteratura per ragazzi e ovunque si fa un gran parlare di albi, di bambini lettori, di mamme lettrici e chi più ne ha più ne metta. Di certo questo blog non fa eccezione, così come è figlia di questo tempo anche Radice-Labirinto con i suoi libri a scaffale.
Quello che ho notato è che l’avvicinamento del bambino al piacere della lettura è sempre più basato sul concetto riassumibile con l’espressione “a misura”: scaffali bassi, comode sedute, libri piccini per i più piccini, libri con figure fino ai 6 anni e libri con poche pagine per chi inizia a leggere… sembra di stare nella casa degli Orsi nella fiaba di Riccioli d’oro, dove riconosciamo subito ciò che adatto a noi, e tutto ciò che non lo è (perché troppo alto o troppo duro, troppo salato o troppo dolce) viene escluso a priori. In questo io trovo sia l’impoverimento di una visione che vuole il bambino al centro, ma che si dimentica l’infanzia fuori dalla porta.
Fissare troppo a lungo un particolare può far perdere la visione d’insieme. Uno sguardo più aperto e lungimirante ci farebbe notare quanto l’infanzia per essere piena e vera abbia bisogno anche degli aspetti perturbanti, del grottesco, dell’imprevisto, e dei lati scomodi e difficili. L’infanzia ama mettersi alla prova perché niente è impossibile nell’età del possibile. E badate bene, ai bambini non basta mettersi alla prova con giochi di logica o con strumenti atti a sviluppare alcune competenze cognitive, psicologiche o motorie specifiche: le prove di coraggio che l’infanzia richiede sono ben altre. All’infanzia non basta nemmeno arrampicarsi su un albero per sentirsi soddisfatta; certo arrampicarsi sugli alberi può essere entusiasmante… se ti piace farlo, se hai un albero a disposizione, se sei un tipo avventuroso e non soffri di vertigini. In alternativa l’albero è utile per fare ombra. Il coraggio dell’infanzia non ha definizioni, sfugge al controllo pedagogico (anche quello con le migliori intenzioni) perché ogni bambino è diverso e perché il coraggio si misura solo con l’imprevisto. A volte l’imprevisto sta fuori da tutto ciò che è “a misura”, se consideriamo ciò che è a misura come la regola del quotidiano. Se al contrario tutto sarà fuori misura (come in Alice nel paese delle meraviglie) allora l’imprevedibile sarà in ciò che è consueto e a misura, come un ragazzo abituato a leggere libri “per grandi” e che, da adulto, riscopre il piacere di leggere i classici.
Ho l’impressione che più vogliamo tenere il bambino al centro, più desideriamo contenerlo e non scomodarlo. Ecco allora che la domanda che mi viene posta appena varcata la soglia della libreria è: “Dove trovo i libri per un bambino di tre anni?”. Come è possibile decidere a priori quale libro potrà apprezzare un bambino di tre anni? E uno di quattro? E di cinque?
Per ovviare a questa idea “su misura”, a Radice-Labirinto i libri sugli scaffali sono disposti per case editrici. Capiamo bene che così facendo mandiamo allo sbaraglio moltissime maestre e moltissimi genitori, ma chi poi si affida ai nostri suggerimenti scopre quanto sia più interessante lasciarsi stupire dalle storie, dalle illustrazioni, dai formati e dai segni grafici, più che dalla fascia d’età quando malauguratamente segnalata.
Il problema si pone non tanto con gli albi (anche se si potrebbero approfondire diverse questioni), ma sulla narrativa.
Siamo ad uno snodo importante di questa riflessione e ho molte cose da scrivervi specialmente dopo la lunga maratona natalizia, in cui ho incontrato moltissime persone, tanti bambini e tante maestre.
Ci vediamo nel prossimo articolo.
2 pensieri su “Non a misura”
Trovo molto interessanti le riflessioni che porti Alessia e sono davvero curiosa di leggere il proseguo! Leggendo mi risuonava in mente la parola libertà. Quando parli di bambini al centro, vedo bambini in enormi stanze che paiono senza confini ma i cui muri invece si trasformano in gabbie. Sono convinta che noi adulti abbiamo la responsabilità di guidare e orientare ma lasciando sempre porte e finestre aperte delle stanze. Per tornare ai libri, come mamma ho sempre cercato di proporre alle mie figlie letture che ritenevo interessanti, ricche e vicine a loro ma mi sono resa conto di non aver in questo lasciato abbastanza spazio alla loro “libertà”. Mia figlia undicenne. attenta ascoltatrice di lunghi libri che ci accompagnano nelle sere in famiglia, legge raramente i libri che le propongo pur ascoltandoli volentieri…dice che quello che scelgo io a lei non piace. Le idee dei bambini vanno lasciate fluire libere e ascoltate profondamente anche quando non sono le nostre…
Cara Ada, grazie per seguiri con tanto affetto e stima.
La libertà è un tema che mi preme moltissimo e se ti interessa ho espresso il mio pensiero in un articolo precedente a questo intitolato appunto “Libro e libertà” https://www.radicelabirinto.it/libro-e-liberta/.
Il discordo, in quel caso, si rivolgeva a bambini sotto i sei anni, ma il punto di vista credo sia sempre valido.
Quello che mi preme sottolineare in ogni mia formazione nelle scuole, è che i libri sono un arto di un Gigante, e questo gigante si chiama Cultura. Dopo i sei anni sarà sempre più difficile combattere contro un tale colosso e, a mio avviso, si tratta di una guerra impari oltre che inutile. I bambini e i ragazzi devono poter essere liberi di sperimentare il loro posto nella pancia del Gigante, digerire ed essere digeriti dal mondo che li circonda, capire quanto sono liberi di scegliere e liberi di scoprire quanto, a volte, le loro scelte siano condizionate dagli umori del Gigante; liberi di combatterlo con una fionda e magari sconfiggerlo, liberi di scappare dalle sue grandi mani o liberi di rifugiarsi nel folto nido dei suoi capelli. Quello che noi possiamo fare è coltivare in loro il pensiero critico, offrirgli sempre con cuore sincero ciò che noi abbiamo trovato prezioso nel nostro cammino a fianco o contro il Gigante, porgergli con coraggio la fionda quando sentiamo che sia necessario, rassicurarli quando si vogliono riposare. Sono certa che in questa lotta costante e grandiosa, i libri belli saranno per ciascuno in modo diverso, ottimi sassi da lanciare, comode barche per attraversare, rifugi in cui riposare. Per noi serbiamo vivo il coraggio della traversata e a loro lasciamo la libertà di affrontarla con le proprie forze.