Dedicato alla piccola Teresa.
Il primo dialogo a cui un bambino partecipa è quello del latte: mentre si nutre al seno materno il neonato impara le pause, i ritmi e le regole di uno scambio verbale. E’ paradossale come i nostri primi dialoghi siano prevalentemente silenziosi. Nella quiete del flusso di latte e respiri, i bambini hanno la possibilità di parlare al cuore della mamma senza emettere suoni. Il bambino succhia e la mamma ascolta, il bambino si ferma e la mamma gli sussurra qualche dolce parola o gli accarezza la guancia. Tutto questo avviene in modo istintivo, dolce e sereno. Tutto questo vale, anche se con stimoli sensoriali minori, per i bambini che prendono il latte con il biberon: gli occhi negli occhi, i respiri vicini creano la stessa complicità, solo il ritmo della poppata (e quindi del dialogo) è leggermente accelerato e il battito del cuore e il profumo della pelle della mamma più attenuati.
A riprova di quanto sia intenso il dialogo tra madre e figlio durante l’allattamento, c’è il fatto che nessun neonato gradisce che la mamma parli con altre persone durante questo momento speciale. In occasioni differenti la voce della mamma piace ai bambini piccoli più di ogni altra cosa, e spesso il ritmo di un dialogo disteso tra la mamma e una terza persona li tranquillizza a tal punto da traghettarli dolcemente nel sonno. Ma quando beve al seno materno il neonato non gradisce interferenze di alcun tipo perché, di fatto, la mamma sta parlando con lui e con lui solo.
Acquisendo in modo tanto naturale, attraverso l’allattamento, i primi rudimenti delle regole basi della comunicazione e avendo questo processo inizio immediatamente dopo il parto, il bambino è predisposto fin da subito a recepire la bellezza della parola narrata.
Nella narrazione infatti la voce si disegna su uno spartito ideale fatto di pause e silenzi, di accelerazioni e rallentamenti, indossando di volta in volta le note più appropriate ai fatti raccontati proprio come avviene quando due persone parlano tra loro. Anche se al cospetto di chi narra l’interlocutore è apparentemente muto, il bravo racconta-storie sa che non potrebbe esistere senza lo sguardo di chi ascolta. La narrazione di fatto è un dialogo invisibile come lo è l’allattamento, ma le parole sono a tutti gli effetti il latte nutriente che scorre da un corpo all’altro.
Elisabetta Cremaschi, durante una delle serate delle 80 Lune in cui abbiamo avuto l’onore di averla come ospite in libreria, ci ha ricordato che in giapponese l’ideogramma che indica il verbo narrare rappresenta il becchettare della gallina sull’uovo che sta per schiudersi e il becchettare del pulcino, al suo interno, sullo stesso punto. Infatti, affinché il guscio possa rompersi la gallina e il pulcino devono spingere con il becco, contemporaneamente, sulla stessa parte d’uovo. Non è meraviglioso? Per narrare non possiamo essere soli, se non c’è chi ci ascolta, l’azione rivelatrice e maieutica della parola non può compiersi e noi non possiamo nascere e rinascere ogni volta in essa.
Il bambino si nutre di latte, ma lo sguardo della mamma è già parola che culla e accarezza. Il latte lascerà nel giro di un anno il posto alle storie, alle parole, alla voce che indica e racconta, che vieta e libera, che tutto sembra sapere e che ci protegge.
Dunque perché non narrare o leggere ad alta voce un libro ad un bambino anche molto piccolo?
Nell’articolo “Libro e libertà” ho parlato del concetto di intelligenza legato all’atto di leggere in un bambino in età prescolare. Un neonato non deve capire il senso di ciò che gli leggete o gli narrate, non è importante sempre capire. Pensate che nei testi alchemici è il suono delle parole e non il loro significato il vero veicolo di conoscenza. Gli alchimisti ritengono il bambino molto piccolo la creatura più pura sulla terra, colui o colei che ancora serba in sé la capacità di percepire – perché non ancora indottrinati – la potenza degli elementi della Natura e di essere immuni al significato fallace della parola sotto cui si nasconde la verità (anche Pamela Lydon Travers nella sua Mary Poppins lo crede, basta leggere alcuni dialoghi tra i neonati nei suoi libri, ne ho parlato qui).
Narrare e leggere sono gesti d’amore gratuiti, donati ai vostri figli come il latte che sgorga dal seno materno. Nascere e crescere dentro le parole sono piaceri che poco hanno a che vedere con l’istruire, il capire, il primeggiare. Cullarsi dentro le storie significa sapere che esistiamo, qui e ora e dopo di noi. Narrare e leggere ad un neonato significa costruire un futuro di scambi e di relazioni profonde, significa imparare ad ascoltare, ad amare la bellezza di una lingua madre nella quale ci bagniamo fin dai nostri primi attimi di vita e che probabilmente nasconde meraviglie.
Nei prossimi articoli analizzeremo nello specifico le principali tematiche legate alla lettura da 0 a 3 anni, rispondendo alle seguenti domande:
- Che differenza c’è tra leggere e narrare?
- Quando è il tempo ideale per leggere o narrare?
- Come e cosa è meglio leggere ad un bambino da 0 a 18 mesi?
Altre utili riflessioni intorno alla lettura con i piccolissimi le trovate anche negli articoli Libro Fuoco, Libro e realtà e Un libro di cartone.
Un pensiero su “Buono come il latte”
Il libro da cui tra le immagini è meraviglioso. Dunque evviva i dialoghi silenziosi.