Son cento catenelle d’oro, che han legato il tuo al mio, e l’hanno fatto così stretto il nodo che non si scioglie più né tu né io.
Sono queste le parole e le note che mi accolgono entrando il 26 febbraio alla Palazzina Vigarani nei Giardini Ducali di Modena.
Angela sta cantando sdraiata per terra, Elena rammenda il suo costume di scena.
La sala è allestita con uno specchio, una voliera, una scala e una poltrona. Niente.
Eppure c’è già profumo di fiaba, di una fiaba antica che Christian Andersen ha riscritto nel 1838 ispirandosi a I sei cigni dei fratelli Grimm e che la casa editrice Topipittori ha pubblicato nel 2011 con le raffinate illustrazioni di Joanna Concejo e l’accurata traduzione di Maria Giacobbe.
Il collettivo che questa sera, dopo la conferenza stampa, metterà in scena I cigni selvatici si chiama Filatoio 292.
Elena rammenda, Angela canta, Nicoletta imbandisce la tavola per gli ospiti.
Non trovo immagine migliore per descrivere un filatoio, un luogo intimo ed accogliente, nel quale le donne si ritrovavano la sera per lavorare all’arcolaio e raccontarsi storie. La Filosofia del Filatoio, così la chiama Marie Louise Von Franz nel suo saggio “Le fiabe interpretate”, è il luogo della voce femminile. E’ tramite la voce infatti che le donne hanno tramandato la forza viva delle storie e del canto attraverso i secoli.
Il filatoio nella contemporaneità si adatta ad un mondo senza confini culturali precisi, allargando lo spazio intorno al focolare per far si che le fiabe tornino ad essere narrate nella loro veste originale, per tracciare sentieri verso la conoscenza di sé.
Il fuoco crepita e la fiamma del sole delle cinque del pomeriggio entra dalle vetrate gettando meraviglia tutt’intorno: sull’albero di Elisa Cavani germogliato nel vecchio pianoforte che Giulio Stermieri suona riempiendo le sale di note piene di grazia, sulle pietanze che Francesco della Fattoria Centofiori ha preparato assecondando sapori semplici presentati senza affettazione, sui lumini, le spighe, le zucche, i setacci e i mazzi di origano che Nicoletta ha disposto in angoli silenziosi così che possano vibrare in modo particolare e imprevisto.
Pronti a ravvivare il fuoco per la serata, Piero de Marchi, Michele Collina, Giulio Costa, Magda Siti, Annachiara Meschi si muovono tra le sale. Alla fine tutto è pronto per la presentazione ufficiale che Nicoletta Giberti farà della prima edizione del Festival della Fiaba.
Mi ritrovo a pensare a cosa significhi fare cultura: la bellezza non basta se non c’è armonia. Con questo non intendo che una cosa volutamente dissonante, asimmetrica e dal carattere forte non sia cultura; con il termine armonia vorrei sottolineare un benessere interiore che può comprendere sfumature come lo stupore, il turbamento e la malinconia, ma che è in grado di farci sentire a nostro agio in un contesto predisposto per diffondere l’arte, la musica, la letteratura. Con armonia intendo anche la buona collaborazione tra le persone. Il gruppo di lavoro che Nicoletta Giberti ha voluto intorno a sé per costruire la drammaturgia del primo Festival della Fiaba è un gruppo eterogeneo, ma capace di lavorare insieme, di tendere l’energia verso un fine comune. Credo che questo non sia mai scontato.
Alle 18 la serata comincia. Il pubblico è numeroso, attento e vivace. Nicoletta è soddisfatta, di certo è una conferenza stampa diversa dal solito dove ogni cosa è stata pensata e studiata per regalare ai presenti un assaggio dell’atmosfera che il Festival della Fiaba vorrà portare al suo pubblico.
Roberto Alperoli, Assessore alle Politiche Culturali di Modena e Adriana Querzè, Assessore alle Politiche per l’Infanzia, siedono al tavolo con Nicoletta Giberti e Piero de Marchi. Sarà il tema così pregnante e ricco di fascino, sarà il mistero che la fiaba porta con sé e che da sempre sollecita l’immaginario di ciascuno, ma le parole spese dai relatori sono sempre opportune, dense e interessanti.
Non uno sbadiglio tra i giornalisti, né un colpo di tosse tra gli ospiti, il discorso intorno alla fiaba si articola e si declina con chiarezza.
Dice Nicoletta:
Lo scopo del Festival nasce dallo stesso impulso che nel tempo ha mosso l’uomo a raccontare fiabe: l’incontro con il substrato inconscio e l’effetto vivificante che se ne trae, raccontandole, leggendole o semplicemente ascoltandole. Lo scopo è quello di offrire, ad un pubblico prevalentemente adulto, un’occasione per aprire il pensiero e suscitare domande. In origine e sino al diciassettesimo secolo circa, erano soprattutto gli adulti ad essere interessati alle fiabe. Poi gradualmente il rifiuto del pensiero magico ha portato a considerare le fiabe come racconti adatti soltanto a divertire i bambini. Per fare in modo che Il Festival della Fiaba non venga frainteso come un progetto dedicato solo ai bambini abbiamo ideato il Progetto Briciole, un percorso che, attraverso incontri di varia natura intorno al tema della fiaba (conferenze, spettacoli, mostre ecc.), accompagni il pubblico adulto lungo il sentiero che abbiamo pensato e tracciato per il Festival della Fiaba.
Roberto Alperoli aggiunge:
Un progetto intelligente, questo Festival, costruito bene, disseminato di tanti appuntamenti preparatori, con il coinvolgimento di diversi enti e associazioni. Un Festival che ha il coraggio di confrontarsi con un tema profondo rivolgendosi ad un pubblico ampio, trattando la fiaba per quello che è realmente, una porta d’ingresso nella nostra vita intima più insondabile.
Adriana Querzè sottolinea che:
Trattare il tema della fiaba rivolgendosi agli adulti è inusuale, ma consente di riflettere sulle culture come insieme di saperi, consuetudini, relazioni.
La conferenza stampa procede e Nicoletta annuncia che il tema scelto quest’anno dal Festival è Il femminile nella fiaba.
Le fiabe sono una voragine nella quale perdersi e il femminile nella fiaba è del resto un altro baratro; tuttavia era necessario orientare il gruppo di lavoro. Un gruppo di lavoro che ho scelto con cura, persone che ho voluto intorno a me per l’eterogeneità con cui esprimono le loro competenze. Mi interessa creare un percorso che interessi davvero le persone con le quali collaboro, che non resti un’esperienza slegata dal loro vissuto, dalla ricerca personale che stanno compiendo. Sono stata fortunata: ho accanto a me un gruppo motivato, con il quale discutere e progettare serenamente che sento, in qualche misura, vicino alla mia ricerca. In virtù della bellezza di questo gruppo il femminile nella fiaba non sarà affrontato in modo pedissequo, trattando cioè solo fiabe che vedono una donna come protagonista. Scopo del Festival è quello di abbattere le barriere tra le discipline e il femminile ci permette di potervi offrire un repertorio molto vasto di proposte in cui però non si perderà mai di vita il filo logico che ci guida. Non posso svelarvi troppo, ma posso dirvi che se uscirete dal Festival con delle domande sarà per noi motivo di grande soddisfazione perché in fondo il linguaggio archetipico della fiaba agisce in ciascuno in modo differente ed è giusto rispettare questa intimità.
La conferenza termina tra gli applausi. Mi pare di sentire in questo semplice gesto non solo l’entusiasmo dei presenti, ma anche un augurio sincero che ci possa sostenere lungo il cammino.
Ora la festa può avere inizio. Nella sala principale sotto gli affreschi e le luci dorate gli Orn Ensemble improvvisano suggestive melodie su un canovaccio che intreccia note e fiabe. I tavoli imbanditi si svelano, gli ospiti mangiano, parlano, sorridono.
Gli invitati vengono divisi in gruppi per assistere allo spettacolo I cigni selvatici. Nelle stanza della conferenza è stato allestito un video con le belle illustrazioni di Joanna Concejo che la casa editrice Topipittori ci ha gentilmente concesso di utilizzare: nessuna parola accompagna le tavole illustrate, solo, in sottofondo, il garrire delle rondini che migrano. Il pubblico in attesa di vedere lo spettacolo viene rapito dalle immagini che lentamente scorrono sulla parete bianca, mentre da lontano, ogni tanto, giunge il canto di Angela.
Son cento catenelle d’oro…
Per le stanze ora c’è un silenzio carico di magia e di attesa, un’atmosfera resa ancora più suggestiva dalle stanze della Palazzina Vigarani che, con il buio della notte, esprimono al meglio il fasto di un tempo. Non c’è malinconia, solo bellezza. Verso le nove arrivano gli amici. I giornalisti lasciano il posto all’affezionato pubblico delle Briciole che numeroso si accalca al mio tavolino per registrare la propria presenza. Angela ed Elena sono ormai alla quinta replica: la loro voce è calda, i movimenti fluidi. Hanno intessuto la storia così tante volte che la trama scorre senza fatica e con estrema naturalezza fino agli occhi pieni di meraviglia degli spettatori.
Applausi, sorrisi, strette di mano, abbracci, cappotti, saluti.
Questo è il momento che preferisco. E’ rimasto solo il collettivo della Fiaba che festeggia, si abbraccia felice. E tra una risata e un altra già si sentono raccontare piccoli aneddoti, tra una scarpa col tacco che zoppica e un’altra, si spostano sedie, si smontano scenografie, si svuotano vassoi. In tutto questo il calore del focolare, quello che solo le fiabe sanno portare se sapute raccontare con sincerità.
La libreria Radice-Labirinto è davvero onorata di far parte del gruppo di studio e lavoro del Festival della Fiaba.