A Pasqua ho visto al cinema Ready Player One il nuovo film di Steven Spielberg.
Il film non mi ha particolarmente entusiasmato, ma ha suscitato in me alcune riflessioni.
E’ poi capitato che negli stessi giorni io mi trovassi a rileggere Il Giardino di mezzanotte di Philippa Pearce (titolo originale Tom’s midnight garden del 1958) edito per la prima volta in Italia dalla casa editrice Salani nel 1988 e finalmente ristampato da Mondadori nel febbraio del 2018 con la traduzione di Beatrice Masini e la bella copertina disegnata da Levi Pinfold.
La vicinanza di queste due esperienze, una visiva e una letteraria, ha innescato una sorta di cortocircuito di cui vorrei parlarvi recensendo il romanzo di Philippa Pearce, vincitrice per questo libro della Carnegie Medal, il più alto riconoscimento inglese per la letteratura per ragazzi.
Il film di Steven Spielberg è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di fantascienza di Ernest Cline che per l’occasione firma anche la sceneggiatura.
La cosa che invece mi ha molto colpito e che mi piacerebbe mettere in relazione con il romanzo di Philippa Pearce è la totale mancanza nel film di Spielberg della nostalgia per la Natura.
E la cosa è ancora più sorprendente se pensiamo che, in quasi tutti i film post-apocalittici, il futuro dell’umanità e del pianeta è affidata ad un rinnovato senso ecologico delle nuove generazioni (da notare poi che in tutti i film di fantascienza prodotti negli ultimi anni le azioni si svolgono in un futuro sempre più prossimo: non siamo nel 2245, siamo nel 2045, cioè tra poco più di una ventina d’anni).
Pare che l’idea di divertimento prevalga su ogni cosa, perfino sulla necessità di vivere a stretto contatto con un ecosistema che potrebbe essere, almeno nella fantasia, finalmente intatto. E pensare che la mia prima impressione, vedendo Le cataste, ovvero la baraccopoli in cui vive Wade, è stata quella di voler respirare, di vedere un albero, un pezzo di giardino… un po’ come Tom, il protagonista de “Il giardino di Mezzanotte” costretto a trascorrere le vacanze nell’appartamento degli zii per non prendere il morbillo dal fratello più piccolo.
La casa degli zii di Tom, pur essendo una casa d’epoca, con il passare degli anni è stata intrappolata dalle nuove costruzioni. Sul retro niente giardino, solo un pezzo di terra lastricato dove parcheggiare l’auto o tenere i bidoni dell’immondizia. E Tom che già si figurava un’estate a costruire una casa sul vecchio melo insieme a suo fratello Peter, è costretto ad una sorta di reclusione in compagnia di due persone niente affatto simpatiche. Certo, il giardino della sua casa non è più grande di un fazzoletto, ma c’è l’orto e l’aiuola, e vicino alla recinzione sul retro un stralcio di prato ricoperto di erbe selvatiche. Ed è lì che cresce il melo.
Ma niente da fare: Tom viene mandato in quarantena dagli zii e già sa che si annoierà a morte, o almeno così crede… ma nell’atrio d’ingresso della nuova casa c’è un antico orologio a pendolo che non batte mai le ore giuste e, in particolare, a mezzanotte manda tredici rintocchi anziché dodici. Tom che non riesce a dormire perché fa poco moto e si rimpinza dei manicaretti della zia, si incuriosisce e, una notte, scopre che alla tredicesima ora oltre la soglia della porta sul retro appare un magnifico giardino. Nel giardino gioca una bambina di nome Hatty…
La cosa straordinaria è che leggendo queste pagine meravigliosamente scritte, io sono certa che anche i bambini contemporanei, quelli cresciuti senza un cortile o un prato, potranno vivere quel giardino, come Weide vive la sua Oasis.
I giovani lettori potranno esperirne i profumi – quello della rugiada prima che il sole sorga e quello dell’erba dopo la pioggia – potranno immaginare di toccare le cortecce, e di raccogliere i ribes nell’orto; potranno rifugiarsi nel tronco di un albero, imparare a memoria i nascondigli segreti di Hatty, desiderare una casa sull’albero. Così forse quando inventeranno o si troveranno a vivere una realtà oltre a questa, forse vorranno immaginare, contrariamente a Weide Watts, pianeti fitti di alberi, foreste, orti, serre, oltre a città mirabolanti e affollatissime. Ho la speranza che il futuro, così come i desideri, si possano coltivare seme dopo seme, parola dopo parola, storia dopo storia.
Leggi l’intera recensione qui: https://www.radicelabirinto.it/il-giardino-di-mezzanotte/