Lei è indubbiamente un’antesignana di Peppa: è molto sofisticata, originale e possiede il fascino delle “bambine terribili”. Ha un innato gusto per la moda, adora leggere ed esprimere la sua personalità attraverso l’arte, la danza e il teatro. La sua specialità è sfinire tutti.
Di chi stiamo parlando? Ma di Olivia naturalmente!
Il papà di Olivia si chiama Ian Falconer e dopo il primo albo illustrato del 2000 che ha vinto il Caldecott Honor, in America sono usciti altri undici albi illustrati con Olivia protagonista e una serie animata per il piccolo schermo. In Italia i libri di Olivia sono pubblicati dalla Giannino Stoppani Edizioni e sugli scaffali di una libreria specializzata si possono trovare quattro titoli: Olivia, Olivia salva il circo, Olivia e la banda, Olivia a Venezia.
L’incontro con Olivia è stato folgorante, un colpo di fulmine: quel naso impertinente, le orecchie dritte, quegli occhietti lucenti, ci hanno subito fatto capire che da questa maialina non ci saremmo più voluti separare. Abbiamo atteso con trepidazione, anno dopo anno, che venissero pubblicati altri titoli, nuove avventure da condividere con i bambini. Oggi dobbiamo sperare che i tempi grigi della piccola editoria, raffinata e speciale come la Giannino Stoppani edizioni, risparmino i pochi titoli rimasti a disposizione.
Ed è proprio per questo che oggi vogliamo parlare di Olivia.
Prima però di procedere con l’analisi approfondita di Olivia vorrei, in questa prima parte di articolo, condividere con voi una riflessione.
Perchè gli animali?
Ci si potrebbe chiedere perché quando si debba raccontare la quotidianità dei più piccoli si ricorra spesso agli animali: orsi, conigli, papere, gatti e maialini appunto. Se diamo uno sguardo ai libri per bambini da 0 a 6 anni potremmo rimanere sorpresi dal gran numero di protagonisti baffuti e orecchiuti che incontriamo: ci ammiccano tutti dalle pagine, che siano cartonate o meno, saltano letteralmente fuori dalle illustrazioni (a volte di dubbia qualità), per raccontarci come un bambino passi una giornata a scuola, o perda e ritrovi il suo giocattolo preferito, come impari ad usare il vasino o smetta di avere paura del buio.
Certamente gli animali, e i cuccioli in particolar modo, scatenano un’immediata empatia nel bambino che li associa a qualcosa di morbido e piccolo ed è quindi portato ad identificarsi con loro. Questo processo di identificazione avviene anche nel genitore: cosa c’è di più innocente, dolce e fragile di un animaletto?
Se ci accontentassimo di questa analisi si potrebbe dire che illustratori famosi e scrittori per bene cavalcano l’onda di questa simpatia per soddisfare genitori e bambini dal cuore tenero. Credo invece che si possa andare oltre.
Penso che l’origine di questo successo si debba ricercare nel ruolo che ricopre l’infanzia oggi nella nostra cultura. L’infanzia come periodo della vita e come categoria sociale non ha alle spalle una lunga tradizione. Fino alle seconda metà del 1700 i bambini non erano considerati tali, ma piccoli uomini che andavano riempiti di nozioni e istruiti per diventare il prima possibile degli adulti autonomi e autosufficienti.
Il concetto di bambino così come lo intendiamo noi oggi, è stato introdotto nel 1762 quando Jean-Jacques Rousseau con il suo rivoluzionario testo pedagogico, L’Emile, suddivise l’età puerile in quattro fasi in cui lo sviluppo del fanciullo si delineava con forza e chiarezza in tappe ben precise, dove sia l’aspetto cognitivo che emozionale subivano una progressiva definizione.
Da Rousseau in poi la parola infanzia ha cominciato a far parte del nostro lessico e a delineare non solo una fase saliente della nostra vita, ma ad essere definita come un sistema di pensiero e di azioni pertinenti che dal’700 in poi ci forniscono un chiaro specchio della nostra società.
In un momento storico come il nostro la dimensione piccola della quotidianità è fortemente sacrificata, i gesti e gli avvenimenti legati alle ritualità della famiglia si riducono a poche ore giornaliere in cui, peraltro, si accumulano, quasi sempre, tutte le incombenze domestiche.
I bambini si aggrappano con le unghie e con i denti a quegli istanti significativi del quotidiano in grado di trasmettere loro sicurezza e stabilità attraverso un linguaggio semplice e significativo, attraverso movimenti consolidati e ripetuti in una spazialità conosciuta e accogliente.
Abbiamo dato all’infanzia, negli ultimi trent’anni, una centralità senza precedenti, la maggior parte dei genitori (e perfino i nonni) possiede nozioni pedagogiche di base, legge di psicologia, si informa e rimane affascinata dalla vita intrauterina. Il mondo occidentale, sotto ad un incantesimo mediatico, ha riadattato spazi e costumi per fare in modo che tutto sia a dimensione di bambino. Se Riccioli D’oro entrava nella casa degli Orsi senza essere stata invitata e sceglieva gli oggetti più consoni alle sue misure, nei primi anni del nuovo millennio è l’adulto che entra in punta di piedi in un mondo sempre più piccolo e pieno di minuscoli oggetti, di minuscole parole, di dolci animaletti, sgomitando e cercando di riappropriarsi faticosamente di una quotidianità che offra spazio per lui e per una vera intimità con i propri bambini.
E in questo caos l’infanzia sposta continuamente il suo baricentro per cercare un equilibrio tra una spasmodica ricerca d’attenzione e il bisogno di riprendersi un tempo dolce e defilato dalle luci del palcoscenico.
Ecco allora che quando dobbiamo parlare dei vissuti dei bambini, quelli che si consumano tra le mura domestiche o nelle aule di nidi e scuole dell’infanzia, preferiamo forse immaginare un mondo parallelo al nostro, dove gli animali sostituiscono i volti dei nostri figli per lasciarci l’illusione che un mondo diverso sia possibile. La letteratura non è nuova a questi meccanismi stranianti: in quanti, tra autori e lettori, si sono rifugiati tra le pagine di un libro quando la realtà diventava troppo opprimente o incomprensibile?
E mentre siamo alla ricerca di quell’equilibrio che ci consenta di concedere a noi e ai nostri bambini una quotidianità gioiosa e serena, leggiamo di altri bambini-animali che vivono in case del tutto simili alle nostre, che vanno all’asilo e che affrontano giorno per giorno le stesse difficoltà.
E’ vero anche che l’animale ci permette di parlare del quotidiano in modo meno monotono e ciò che può succedere ad un bambino diventa più divertente, buffo e quindi interessante, se il protagonista è un elefante o un topo; ma allora verrebbe da chiedersi come mai la nostra realtà ci appare così noiosa e così poco degna di essere raccontata per quella che è. Non è forse vero che un bambino piccolo ama sentire raccontare più e più volte le cose che accadono nell’arco di una giornata? Cattureremo certamente la sua attenzione se ci mettessimo a parlare delle piccole cose quotidiane facendone un fedele resoconto passando dalla cronaca di una giornata speciale a quella di un giorno qualunque.
Pensate ora al successo di Peppa Pig, della Pimpa, di Topo Tip e di tutti i personaggi di Nicoletta Costa. Gli animali hanno negli ultimi tempi soppiantato non solo i bambini reali, ma anche i celebri protagonisti della letteratura per l’infanzia: fate e folletti, orchi e streghe, principi e principesse annoverano sempre meno titoli a loro favore.
Lasciando per un momento da parte le creature magiche e pensando invece ai bambini delle fiabe, non possiamo di certo smentire che nelle storie tradizionali e popolari non si parli della vita di tutti i giorni. Certo il tempo e il luogo delle fiabe è indeterminato e sospeso in un altrove poco definibile, ma fino a vent’anni fa erano quelli i bambini con cui noi ci identificavamo ed è anche grazie alle loro difficoltà e alle loro avventure che abbiamo imparato a diventare grandi. Le tematiche universali delle fiabe e i loro topoi, ovvero i luoghi comuni, resteranno sempre le migliori metafore della nostra esistenza ed è per questo che nonostante il grande successo di Peppa o della Pimpa, continuano a essere raccontate e lette, anche se magari ci si approda dopo molte peregrinazioni e in misura molto minore rispetto ad un tempo.
Incontrando e consigliando in libreria tanti genitori, si intuisce però immediatamente l’esigenza di parlare, in prima istanza, di qualcosa di più concreto, di più attinente alla realtà che possa aiutare i loro bambini nel superamento di un problema quotidiano o nel raccontare la vita di ogni giorno. Abbiamo smesso di decifrare la realtà attraverso l’immaginazione, siamo diventati così razionali e positivisti da non capire che non c’è nulla di più pertinente per un bambino del linguaggio metaforico della fiaba. Allo stesso tempo però siamo pronti e disponibili a rifugiarci un mondo popolato da animali-bambini.
Cosa ci raccontano questi animali di così attraente?
Contrariamente a ciò che avviene nelle fiabe, Olivia e Peppa non abitano in un mondo fatato; è vero che la Pimpa parla con oggetti, alberi e fiori, ma questo fa parte del suo essere bambina, del suo animismo magico che ci riporta e ripresenta l’infanzia come età del possibile.
Peppa, Giulio Coniglio, Olivia vivono con la loro famiglia e abitano una realtà fatta di piccoli gesti e avvenimenti apparentemente poco importanti. Ed è proprio questo il loro fascino: quale genitore non vorrebbe offrire al proprio bambino una giornata semplice e ricca come quella di Peppa Pig?
Non c’è bisogno di molto, non occorrono incantesimi o effetti speciali, il sogno non è più quello di abitare in un castello o trovare il tesoro ai piedi dell’arcobaleno, la vera ricchezza sarebbe quella di poter vivere un tempo buono con i nostri figli, un tempo in grado di ospitarci tutti, senza rincorre le lancette e con mille impegni nell’agenda e nella testa.
La cosa più sorprendente è che i primi a identificarsi e ad agognare un simile stile di vita sono proprio i bambini. Non lo desiderano razionalmente, non sanno davvero che cosa li affascina di quelle storie piene di baffi e orecchie, ma percepiscono che lì, dentro al mondo di Peppa Pig o tra le pagine di Olivia, si può essere felici, si può godere di mamma e papà, si può andare nell’orto a casa dei nonni.
Sarebbe troppo straniante scoprire in un libro che un altro bambino, un bambino illustrato certo, ma in carne ed ossa riesce ad avere una simile qualità di vita? Forse non siamo pronti alla dura realtà; l’attenzione che i media e le stesse istituzioni danno oggi all’infanzia non ci permette di smascherare così impunemente il suo paradosso, ovvero che oltre la cura e la ricerca c’è un mare di solitudine.
Io invece auspico un ritorno chiaro e pulito, nella letteratura per l’infanzia dedicata ai più piccoli, di un bambino protagonista, esponente di un’infanzia spensierata, felice e alla portata di tutti. E spero che quando questo avverrà, sarà a fronte di un cambiamento più grande della nostra società.
Quando immagino dei paralleli umani per le storie di Olivia o di Peppa Pig non penso a Mattia va in ospedale di Slegers Liesbet, a Voglio il mio vasino di Tony Ross o altri libri simili che a mio avviso non raccontano nulla ad un bambino e, nel maggior numero dei casi, non sono nemmeno utili.
Penso a Leo e Lia di Laura Orvieto, a Betta sa andare in bicicletta e a Pippi Calzalunghe di Astrid Lindgren, a La bambina di neve di Nathaniel Hawtorne a Giordano del faro di Janna Carioli e a tutti ai libri o gli albi illustrati dedicati a bambini da uno a cinque anni con scene di vita quotidiana che, ad oggi, mancano nella nostra libreria perché nessuno li ha ancora pensati e scritti.
Vorrei una storia su un trattore rosso e sull’amicizia tra un adulto e un bambino, un racconto sul cane dei nostri amici che si è mangiato una torta di cioccolato rimasta a raffreddare incustodita su un tavolo e del bambino che lo ha curato portandolo a mangiare dell’erba, una storia sulla neve e una su una giornata di pioggia.
Non bisogna confondere gli albi illustrati come Olivia con le storie con protagonisti gli animali di Fedro e di Esopo o con i bellissimi racconti di Leo Lionni che prediligeva topi, pesci e coccodrilli per dare voce alla sua immaginazione e consegnarci con delicatezza e senza retorica preziosi spunti di riflessione sull’amicizia, la poesia e la diversità.
Qui stiamo parlando di bambini-animali, di quel particolare genere che trova sempre più consenso tra grandi e piccini e che, a mio avviso, rispecchia così bene il nostro momento storico.
Nonostante questo noi amiamo molto la piccola Olivia, ma questo albo illustrato di Ian Falconer ci ha offerto una buona occasione per approfondire una tematica così complessa come quella animale-bambino, soprattutto in questo anno dove Peppa Pig (di cui abbiamo già parlato approfonditamente) spopola ovunque.
Concludendo
Un’analisi di questo tipo non può trovare in poche righe una compiutezza, perché se qui abbiamo parlato degli animali come sostituti dei bambini nelle storie che narrano del quotidiano, esiste, ed è altrettanto forte come topos letterario, l’animale usato per identificare e per parlare di alcuni stereotipi umani. Si pensi in questo senso agli animali che, alla stregua della commedia dell’arte, incarnano virtù e difetti del genere umano: il leone per la forza e l’orgoglio, il coniglio per la paura e la timidezza, la tartaruga per la saggezza e la prudenza. Ancora oggi questi tipi sono usati con efficacia nell’editoria per ragazzi, ma è altrettanto interessante notare come Olivia e Peppa non siano meno “maialesche” di un Pedro Pony o di una Susy Pecora, se con il maiale si è voluto identificare un bambino vivace, sporco di colori e di erba, disordinato e rumoroso.
Nelle storie di animali che parlano del quotidiano queste stereotipie sono appena accennate e non rappresentano certo il fulcro della storia. Ciò che preme davvero è dare di un bambino un’immagine più conforme possibile a quella dei nostri figli.
Non abbiamo voluto dare un giudizio negativo sull’animale come protagonista, ma ci siamo chiesti il perché di una così ampia produzione di albi illustrati dedicati ai più piccini dove siano maiali e simili a sostituire il bambino in carne ed ossa.
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2 pensieri su “L’altra maialina # 1”