Continuano le rifessioni nate dall’articolo “Il consiglio di lettura”
In quale modo una buona recensione è utile ad un bambino?
E’ chiaro che non sarà il bambino a leggere una rivista di settore e poi ad entrare in libreria per scegliere il libro che più ha trovato interessante.
Al bambino il beneficio di una buona recensione arriva tramite lo sguardo del genitore, perché prima di tutto ad un bambino serve un genitore attento, una maestra vigile e una libreria di casa ben fatta in cui i libri belli dimorano accanto a quelli meno riusciti.
Il libro è uno specchio del mondo, di quello che c’è fuori dalla porta, per strada, al di là dei vetri di una finestra.
Il libro è un mondo nel mondo, un’esperienza di vita che dalle pagine deve approdare al mondo reale. E cosa c’è nel mondo reale? Tutto: la gioia, il pianto, l’allegria, la tristezza, c’è il bello e c’è il brutto. E’ fatta così la nostra vita, ogni ombra ha la sua luce e ogni colore ha la sua ombra. Non è possibile vivere sempre nel bello, sarebbe alienante, perché è dall’incontro con il buio che sappiamo esistere il giorno. Ci commuoviamo vedendo fiorire un mandorlo davanti ad un palazzone di periferia e contemplando il cielo al tramonto dopo una giornata di lavoro.
Certamente ognuno di noi aspira ad una libreria ideale (anche il libraio sogna scaffali dove poter esporre solo i suoi libri preferiti), ma la libreria ideale non esiste; esiste invece la possibilità di provare a costruirla, e nel fare, nella speranza che ci anima, risiede tutta la forza del progetto.
Una libreria in costruzione (e imperfetta) è come un messaggio di pace.
Quanti genitori incontro durante le serate nelle scuole che dopo due ore di conferenza mi dicono che torneranno a casa e butteranno via la maggior parte dei libri presenti nelle loro case! E io ogni volta mi chiedo in base a cosa faranno la loro cernita: in base a quello che ho detto io o in base a quello che hanno davvero interiorizzato?
I lettori, i genitori, le maestre, hanno bisogno di essere continuamente sollecitati ad esercitare il loro senso critico perché solo così potranno fare scelte consapevoli.
Le buone recensioni vanno in questa direzione, ovvero allenano lo sguardo del lettore. Più ce ne sono di oneste e ben fatte, più il lettore si allenerà a trovare il proprio e personale orientamento.
La messa a punto della propria libreria domestica è un processo in continua evoluzione.
E’ un’operazione dilatata nel tempo che molto racconta di noi e della nostra vita.
E’ giusto dopo aver allargato e puntualizzato lo sguardo sul libro, osservare le cose con occhi consapevoli e affinare le proprie scelte. Le librerie nelle stanze dei bambini (e nelle biblioteche scolastiche) sono spesso zeppe di libri fosforescenti e malridotti, ed è bello sapere che dopo le mie parole alcuni di quei libri verranno riposti o dati al macero.
E qui apro una parentesi: ho constatato che molte scuole ricevono “in dono” libri dimessi. Questi libri sono spesso sciatti e fatiscenti. Il dono ha un valore: non devolviamo alle scuole. o alle istituzioni che si occupano d’infanzia e volontariato, libri che nemmeno noi vogliamo più. Le scuole sono in imbarazzo di fronte a simili lasciti e non osano rifiutare (anche se dovrebbero, declinando i libri brutti con gentilezza, spiegando ai genitori il loro punto di vista sulla questione), mentre le altre istituzioni, non avendo spesso nessuna idea di cosa sia il buon libro per l’infanzia, accettano tutto senza esitazione. Esiste il macero, non abbiate paura di buttare i libri nella raccolta differenziata: la carta verrà riciclata e verrà usata, forse, per produrre libri di più alto valore e contenuto. Da un libro scadente dato al macero può nascerne uno bello, invece nelle scuole il vostro libro brutto genera solo altra confusione.
Tornando alla vostra libreria di casa, credo sia una buona cosa fare ordine, ma non dimentichiamo che un libro può anche avere un valore affettivo per il bambino.
Specialmente in età prescolare, i bambini stanno costruendo un loro codice interpretativo della realtà e possiamo certamente dire che non sappiano ancora distinguere il bello dal brutto e se lo fanno agiscono per un naturale istinto alla bellezza o perchè cresciuti in contesti molto stimolanti.
Sebbene come libraia ritenga che un libro ben fatto abbia molte più probabilità di toccare corde profonde rispetto ad un banale Topo Tip, non è detto che la separazione da un libro di bassa qualità, non sia per un bambino motivo di tristezza.
Ci sono molti parametri da tenere in considerazione quando esercitiamo il nostro senso critico su un libro già presente nella nostra libreria: uno di questi è valutare la complessità del testo in rapporto all’età di un bambino.
Un esempio: “Topo Tip che fa i capricci” a tre anni può essere facilmente (e felicemente) accantonato in favore di libri più ricchi e strutturati.
Sappiamo bene che molti bambini sono seriali, non smetterebbero mai di leggere un libro come non toglierebbero mai il ciuccio. Il limite lo deve porre l’adulto capace di guardare da una prospettiva più ampia.
E’ l’adulto la guida, il maestro, il responsabile primo della salute del bambino e il libro può essere certamente considerato come parte integrante del benessere di un individuo.
Per cui con delicatezza e amore chiederemo al bambino di avvicinarsi ad un altro libro, ad altre immagini, dichiarando noi per primi che, per esempio, Topo Tip non ci piace e fatichiamo a leggerlo tutte le sere; sfodereremo di contro un magnifico albo illustrato o una storia avvincente e, un passo alla volta, insegneremo al bambino a intraprendere un nuovo cammino.
Sempre che Topo Tip non ci piaccia… ma se lo troviamo gradevole ci siamo mai chiesti perchè?
Perché è tenero? Perché insegna delle cose ai bambini? Quali cose? A non fare i capricci? Siamo sicuri?
Topo Tip piace al bambino perché lo riconosce come personaggio televisivo o perché, in generale, i topi sono, da Disney in poi, molto familiari?
Chiediamoci se a nostro figlio piace perché siamo noi che lo proponiamo con fiducia. Topo Tip è rassicurante? Che idea d’infanzia veicola? Perché quando entra il libreria è il bambino a sceglierlo? E perché lo sceglie? Esistono altri libri simili, ma più complessi? Perché un bambino di tre anni non può approcciarsi alla complessità? Perché non capisce? Il significato è tutto in una storia?
Come e dove trovare ottimi spunti come questi, se non in una buona recensione in grado di porvi nel modo giusto di fronte alla lettura di un Topo Tip? Una buona recensione non giudica, ma invita a riflettere.
Permettetemi di aggiungere che dire ad un bambino che un libro non ci piace o non ci piace più, è un gesto straordinariamente liberatorio capace di renderci subito luminosi e veri (e non c’è nulla di più attraente per un bambino di un genitore sincero, capace di dire: non mi piace, non lo so, ci sto ancora pensando). Siamo terrorizzati dall’horror vacui e dal palesare ai nostri bambini le nostre debolezze e i nostri desideri.
L‘horror vacui ci porta a scegliere libri chiassosi e caotici, nei quali ritrovare un’immagine d’infanzia famigliare e conosciuta, dove vincono i colori allegri, dove i topi sono antropomorfi e affrontano continuamente dei problemi, dove il bianco della pagina è percepito come una mancanza, dove i segni morbidi e rotondi delineano un immaginario condiviso e quindi rassicurante. Ma siamo sicuri che sia questa l’infanzia di cui i nostri figli hanno bisogno per costruirsi un domani migliore?
La mancanza di coraggio nel mostrare i nostri dubbi poi, ci porta ad omologarci continuamente, a mostrarci sempre accondiscendenti nelle scelte dei nostri figli, pavidi nell’imporre i giusti limiti.
Capite quanto sia importante oggi recensire davvero un libro?
Dietro ad un libro non riuscito (e badate bene: molte insidie si nascondono anche nei libri considerati “belli”), scritto male, sciatto o povero di contenuti, si annida una certa idea di bambino. A quel bambino non pensiamo mai quando scegliamo un libro e invece dovremmo chiederci: che idea d’infanzia trasmette questo albo illustrato? Sono d’accordo? Le stesse domande se le deve porre chi recensisce un libro, oltre ad indagare a fondo (e con competenza) i meccanismi narrativi sia del testo che delle figure.
Prima delle domande sul libro però, il genitore, la maestra e il libraio devono sapere che tipo d’infanzia essi immaginano per il futuro dell’umanità. Perchè, e non mi stancherò mai di ripeterlo, il libro è un mezzo e mai il fine di un percorso.
Un’infanzia felice è quella dove un papà Orso dice a suo figlio che per avere un giorno perfetto bisogna abbracciare qualcuno? Siamo sicuri?
Siamo sinceri: chi di noi si reca al lavoro e abbraccia ogni collega? Quale bambino entra a scuola e dà il famoso bacino a tutti? E’ questo che l’adulto vorrebbe, ma ci siamo chiesti perchè? Mio figlio di quattro anni e molti suoi amici entrano a scuola con la voglia matta di azzuffarsi e di provare la loro forza. Nel gioco della lotta c’è molta più bellezza che in un abbraccio, se solo avessimo il coraggio di lasciare che i bambini esprimano davvero la loro idea di giorno perfetto!
C’è molta confusione oggi su cosa sia un’infanzia felice, ma più ci ostiniamo a percorrere solo strade luminose e diritte, in cui pare che tutto sia bello, più ci disabitueremo a pensare.
Tenete anche presente che i “libri aspirina” di cui “Topo Tip fa i capricci” è un valido esempio, rappresentano per il bambino non tanto una soluzione ad un determinato problema, ma una visione pertinente (se il termine “realistico” vi sembra esagerato per una storia che si svolge nella tana di un topolino) alla vita di tutti i giorni. Ai bambini piace vedere tra le pagine di un albo, un coetaneo che compie le azioni della quotidianità (ecco perché molti genitori alle formazioni mi dicono “Ma il mio bambino adora Topo Tip!”); ma il punto è che Topo Tip, di quella quotidianità, offre una visione univoca, povera, giocata solo in funzione di un problema (che per altro nel mondo reale non troverà soluzione immediata come nel libro).
Leggete “Leo e Lia” di Laura Orvieto, in ogni racconto troverete un bambino reale (non un topo) che vive la quotidianità nella sua complessità. Laura Orvieto ci mostra tutte le sfumature dei sentimenti, la luce nella stanza e quella che invade il giardino in un giorno di neve, vi mostra la gamma delle emozioni che attraversano un bambino quando ascolta una storia o quando cerca di non dire un segreto.
So che “Leo e Lia” non è un albo illustrato, e vorrei potervi offrire molte valide alternative a Topo Tip che mostri ai bambini, sotto i tre anni, altri bambini impegnati nella loro quotidianità, ma ahimè, l’editoria offre davvero poco.
Se entrate a Radice-Labirinto vi proporrò: “Re Valdo e il drago” di Peter Bently ed Helen Oxembury, “Minty e Tink” di Emma Chichester Clark, “Il palloncino” di Komako Sakai, “Charley” di Amy Hest e Helen Oxembury, “L’onda” di Suzy Lee, e di illustrato poco altro.
Non ci sono nemmeno albi a carattere fotografico in Italia e questo è davvero una grave mancanza, a mio avviso, dell’editoria italiana. La fotografia piace moltissimo ai bambini e manderebbe allo sbaraglio Topo Tip in men che non si dica. Intendiamoci, fotografia d’autore che riporti al bambino uno sguardo sul reale e sulla vita.
Aggiornatevi, chiedete recensioni vere, allenate lo sguardo, l’editoria ha bisogno di lettori competenti.
Ci si allena anche osservando l’evolversi della vostra libreria domestica, iniziando ad affiancare libri belli a libri meno belli, stimolando il vostro occhio sulle illustrazioni e il vostro orecchio sulle storie scritte bene.
Quando mi invitano a parlare nelle scuole, il mio primo scopo è quello di far nascere dubbi. Alle mie spalle dispongo una trentina di titoli, tra libri e albi illustrati, e puntualmente ne mostro solo tre o quattro, perché quello che mi interessa davvero non è per prima cosa far vedere come è brava Suzy Lee o Leo Lionni. Ciò che mi preme è aprire il pensiero; in secondo luogo e se rimane tempo a sufficienza, comincerò a lavorare sullo sguardo.
Ma come poter leggere immagini e parole se prima non ci si chiede quale visione d’infanzia ci trasmette la penna e la mano di quello scrittore e di quell’illustratore? E la vostra idea d’infanzia qual è? Cosa cercate in un libro?
Penso che nessun libro sarà mai più forte del mondo là fuori e non penso che un bell’albo o una buona storia possano cambiare in un colpo l’idea d’infanzia veicolata dalla nostra cultura. Non voglio nemmeno estrapolare i bambini dalla loro contemporaneità, sarebbe un gesto pericolosissimo oltre che inutile, perchè essi sono del mondo e per il mondo. Non li possiamo proteggere dalla vita: diventeranno adolescenti, poi adulti, e contribuiranno, ciascuno in modo diverso e in misura differente, a portare luci e ombre nel nostro e nel loro futuro. Quello che possiamo fare è indicargli con grande umiltà e grande fermezza la strada per un pensiero critico e quella per un cuore vigile.
Ma come potremmo farlo se noi per primi non sappiamo scegliere o siamo spaventati all’idea di dimostrare che un libro può non essere ben fatto anche se apparentemente raffinato e impeccabile?
Facile dire che i libri che trovi al supermercato o alla posta siano tutti da buttare. Alcuni blogger affermano che sono talmente brutti che non vale la pena nemmeno parlarne. Ma siamo sicuri che per tutti sia facile riconoscere il parametro del brutto? Si potrebbe partire da lì, spiegando perché quei libri non sono validi e poi passare ad uno scaffale più sofisticato con occhio allenato. Potreste avere molte sorprese. Partite dalla vostra libreria di casa e includete il parametro del brutto nella vostra analisi, non fate finta che non ci sia e prima di gettare un libro (qualunque esso sia) chiedetevi perché al vostro bambino piace o perchè gli è affezionato. Ogni libro contiene una storia oltre la storia, veicola significati ed emozioni e in quanto oggetto culturale merita sempre uno sguardo intelligente.
Credo che un bambino abbia bisogno di un adulto che sappia scegliere un libro bello, ma anche di una mamma, una maestra e un libraio di fiducia che sappia coltivare dubbi e domande, che sviluppi un suo senso critico. Un bambino non sarà meno intelligente se possiede un libro bello e uno meno buono, perché quel che conta davvero è imparare a scegliere.
E per imparare a scegliere sono necessarie sia l’ombra che la luce.
2 pensieri su “E poi… il bambino”
Alessia! Sono davvero d’accordo con te. In particolare trovo davvero rivoluzionario e liberante poter dire ai nostri bambini «A me non piace!»: a me succede spesso e così mio figlio ha imparato a dire lo stesso. Delicata e pertinente anche la tua considerazione sull’affetto che lega i bambini ai libri: Saverio adorava Mattia, profondamente, con il tempo però Mattia ha lasciato spazio ad altri incontri ed altri libri, perché è cresciuto. Il punto non è stigmatizzare, ma essere esigenti, noi per primi! La riflessione sull’idea di infanzia ci mette al lavoro. Grazie!
Cara Alessia mi pongo tante domande, ho ben poche convinzioni, ma il tuo merito è di “pungere”, di stimolare riflessioni.
Sono d’accordo quando solleciti la responsabilità individuale di genitori, insegnanti e librai di scegliere e proporre i libri migliori, quando chiedi di dichiarare quale libro non piace o si ritiene brutto. Sono d’accordo sulla necessità di chiedersi cosa significa fare la recensione di un libro. Sono grata a chi si fa carico del compito di orientare lo sguardo del lettore. Sono assolutamente d’accordo sulla necessità di non rinchiudere il bambino in una realtà ovattata, fatta di finte sicurezze. E’ pericoloso costruire un contesto in cui il rapporto tenda solo alla rassicurazione, alla protezione dal “resto” , il territorio della famiglia è ben poca cosa rispetto al mondo che le sta di fronte con tutti i suoi problemi, per non parlare delle fragilità che potrebbero irrompere nella vita di ognuno, nel momento e nei modi in cui meno ce lo aspettiamo. Ritengo però il compito di consigliare quale libro leggere difficilissimo. La biblioteca della mia scuola contiene un numero molto elevato di libri, la maggior parte non li conosco. Sono una maestra, non ho solo il piacere, ma anche il dovere di seguire la produzione destinata all’età a cui mi relaziono, ma mi piace leggere libri destinati a qualsiasi età, quindi il mio interesse è spalmato su una produzione ampia di testi e mi riesce arduo pensare di poter consigliare ogni settimana un libro anziché l’altro ad ognuno dei miei alunni. Sono da commiserare? Non credo. Mi piace coltivare l’autocritica, non mi sento svalorizzata da quanto scrivo. Certamente il problema me lo sono posto tante volte, ma non ho la soluzione; penso sinceramente che tanti miei colleghi non stiano meglio di me in quanto a conoscenze sulla letteratura per l’infanzia. Posso conoscere lo stile degli autori per aver letto qualche loro libro, ma non sono preparata a consigliare ad ogni mio alunno, a partire dalla prima classe primaria fino ad arrivare alla quinta, il libro giusto per lui. Poi insisto nella mia convinzione, forse da riconsiderare, che il percorso della lettura si costruisce soprattutto nella propria intimità, l’amore per la lettura è qualcosa che nasce da un incontro con un libro che ti folgora. Provare soltanto un lieto piacere, non penso che basti per rendere la lettura un ingrediente permanente della vita, piccoli e preziosi piaceri ce li possiamo procurare anche senza leggere. Credo che chi non riesce a fare a meno della lettura sia in grado di dire quale libro lo ha condannato felicemente alla ricerca perpetua del libro da leggere, senza il quale si sente un povero orfanello. Penso che la ricerca del libro giusto da leggere comporti sia per l’adulto che per il bambino la stessa trepidazione, la ricerca del libro è attesa, speranza di trovare quella cosa che farà vibrare le corde dei tuoi sentimenti. Ma è vero che questo incontro può sicuramente avvenire se coltivato, preparato da persone competenti, sensibili e intelligenti? Chi ha a disposizione libri, genitori e insegnanti competenti, sensibili e rispettosi della natura di ognuno, ha sicuramente maggiori possibilità di diventare lettore. Ma abbiamo la sicurezza che lo diventerà? E chi non ha a disposizione molti libri, insegnanti e genitori competenti siamo sicuri che non diventerà un lettore? Certamente godrà di un numero assai inferiore di possibilità. Ma mi chiedo: chi è che diventa un lettore? Non posso fare a meno di ricordare che un tempo i libri arrivavano solo a Santa Lucia o a Natale e che spesso chi li sceglieva di libri non sapeva niente! Mio padre non leggeva una riga, ma intuiva che nei libri dovevano esserci delle meraviglie, visto che quando il suo datore di lavoro alleggeriva la sua straripante libreria papà, anziché buttare i libri scartati, li portava a casa. Ed è questa, secondo me, la ragione per cui nella mia famiglia in cui papà e mamma facevano lavori umilissimi, i figli senza aver né grandi maestri, né la possibilità di frequentare una libreria, né tanto meno un’ università, sono diventati lettori…un giorno c’è stato L’INCONTRO con un libro, incontro assolutamente intimo che ci ha portati in un’altra realtà, una realtà molto più gratificante di quella che vivevamo, più ricca di esperienze e l’immaginazione ci portava dritti dritti dentro quelle. E allora mi chiedo se non corriamo il rischio che a pianificare troppo le nostre azioni non avvenga una distorsione del processo più intimo che porta all’amore per la lettura. Resto convinta che sia per chi di libri ne ha tanti, sia per chi di libri ne ha pochi, belli o brutti che siano, l’incontro col libro, il primo amore, non si scorda più. E se l’amore è nato da un libro bruttino, e se un bambino, una bambina, un ragazzo, chicchessia, non conoscerà il meglio della letteratura, pazienza. Io sono d’accordo con Pennac, non perché porta un nome ormai famoso, lo sono a prescindere quando dice “Chiunque deve essere libero di leggere ciò che gli pare, indipendentemente da ogni giudizio di valore sui testi che ha scelto” . Sono d’accordo però che l’obiettivo a cui si deve mirare è la lettura di ciò che è meglio, per tutte le ragioni che tu sai esporre così bene. C’è una meta alta da raggiungere, ma continuo a pensare che sia un percorso ad ostacoli, non sappiamo chi la raggiungerà e perché c’è riuscito. Qualcuno si fermerà prima, qualcuno purtroppo non andrà molto in là rispetto al punto di partenza. Noi possiamo impegnarci nei modi in cui il paese dove viviamo e la vita di ognuno consente. E qui mi piace insistere sull’ impegno e la responsabilità individuale, quella che ogni tanto non ti fa addormentare subito quando spegni la luce.
Certo il punto di partenza per sperare in un successo è la famiglia, un padre o una madre, o entrambi, consapevoli che la lettura non è noia, è vita, che non si legge per qualcuno, ma perché ci manca qualcosa. I libri dovrebbero essere scelti con la stessa cura con cui si sceglie il latte per svezzare il proprio bambino, poi man mano che il bambino cresce si procede insieme, si va insieme alla libreria e in biblioteca, fino ad una certa età si condivide tutto. Ricordo quante sere ho trascorso a leggere al mio bambino nel lettone, non era mai stanco di ascoltare, mentre a me si chiudevano gli occhi, ma resistevo paga di quell’incanto che si creava. Ricordo quanto mi tormentai nel momento in cui, alla scuola media, lo vidi smarrito non solo per l’adolescenza ormai alle porte, ma anche perché non trovava più i libri giusti. Ricordo il sollievo che provai quando ricominciò a leggere con la stessa passione di un tempo, il giorno in cui gli portai a casa Le Cronache di Margaret Weis e Tracy Hickman lo vidi rifiorire; non ero certa che avrebbe accolto il libro che gli proponeva “la mamma”, l’adolescenza è un periodo duro, forse lo fece perché qualcosa della nostra antica passione condivisa aveva lasciato il segno. Poi da solo riprese il cammino della lettura, mai più interrotto, spesso non accogliendo i consigli di lettura della scuola, finché non incontrò nella scuola un’ insegnante intelligente e sensibile che accolse tutte le sue letture e che lui ricambiò accogliendo tutte le letture di lei! I comportamenti! Come sono importanti i comportamenti! Quelli che contano sono una fusione di intelligenza e cuore. Grazie e Buon lavoro!