Dove sono tutti?

Dove sono tutti?

Di Remy Charlip, edito da Orecchio Acerbo.

La prima edizione di questo libro è del 1957 e il suo titolo originale “Where is everybody?”.

Nato a New York nel 1929, Remy Charlip è stato un artista americano eclettico. Ha iniziato la sua carriera accanto al compositore e teorico musicale John Cage, diventando successivamente uno dei membri fondatori della Merce Cunningham Dance Company per la quale, tra le altre cose, disegnava scene e costumi. Si è dedicato allo studio coreografico, inventando “la danza via posta”: Charlip inviava gli schizzi con le pose ai ballerini, lasciando che poi fossero loro a creare, senza un suo ulteriore intervento, la sequenza e il contesto. Ha contribuito a fondare la compagnia di teatro per bambini Paper Bag Players e ha diretto il dipartimento di teatro e letteratura infantile presso il Sarah Lawrence College. La sua creatività e il suo imperituro spirito bambino lo hanno reso un uomo instancabile e benvoluto in tutti gli ambienti creativi in cui ha lavorato. Nel 1956 Remy Charlip si dedica alla scrittura di libri illustrati, esordendo con l’albo Dress Up e Let’s Have a Party edito da Young Scott Books. Nel corso della sua vita Remy Charlip ha scritto o illustrato 29 libri per bambini avendo prestigiosi riconoscimenti come il Best of New Year del New York Time. All’età di 83 anni, Remy Charlip ci ha lasciati, rendendoci custodi ed eredi del suo inesauribile entusiasmo.

Dalle pagine di “Dove sono tutti?” traspare la sua sfaccettata creatività e non di meno le influenze di una vita spesa per l’arte, con l’arte e oltre l’arte. L’apparente semplicità narrativa di questo magnifico albo traduce una padronanza del vuoto, del ritmo e delle forme che solo pochi illustratori (e penso a Leo Lionni, a Iela Mari, a Maurice Sendak e a Crockett Johnson) hanno saputo padroneggiare. Fin dalla prima pagina, il vuoto a cui ci troviamo davanti ci racconta qualcosa e la cosa è già di per sé stupefacente. E’ come in teatro: la scena non popolata è solo una storia incipiente. Una volta che il sipario si è aperto (in questo caso la copertina del libro), noi sappiamo che qualcosa può (o deve) accadere.

John Cage, pioniere della composizione musicale e nell’uso non convenzionale di strumenti musicali – tanto da essere considerato dai critici uno dei compositori più influenti del 20° secolo – nel 1952 presentò al pubblico il brano “4’33”, eseguito in assenza deliberata di suono, il che significa che i musicisti non fanno altro che essere presenti davanti al pubblico per la durata specificata dal titolo. Il contenuto del brano non è tuttavia da considerarsi come quattro minuti e 33 secondi di silenzio, ma piuttosto come l’insieme dei suoni ascoltati dal pubblico durante la performance.
“Ecco” dunque che “Il cielo vuoto” di Remy Charlip – così come riporta la frase in basso a destra – non è altro che questo: un bianco numinoso che si impregna non tanto dei suoni dell’ambiente circostante, ma del potere creativo dell’immaginazione. Come pensare dunque che nulla stia succedendo?

Girare pagina diventa, a questo punto, un gesto necessario, impellente ed emozionante: nel cielo vuoto compare un uccello. Come in una coreografia, pagina dopo pagina, entrano in scena nuovi elementi: il sole, le colline, un fiume, un albero, un pesce…Una sorta di genesi, a partire proprio da quel vuoto primigenio, grazie al quale ogni cosa trova il suo posto e il suo peso. Le linee nere sono contorno e volume, nome e forma, semplici come deve essere ogni nuovo inizio. Le parole accanto alle cose nominano il mondo, ce lo descrivono con frasi minime: un nome, un verbo, un complemento oggetto o un moto a luogo.

 

Da ballerino Remy Charlip però sa che tutte le cose vive che vengono al mondo – o fanno il mondo – desiderano, anzi anelano, al movimento; sa che le cose nominate iniziano ad esistere. Così una volta comparse sul bianco della pagina, il sole, l’uccello, il pesce continuano il loro viaggio nell’immanenza del foglio. Una danza vitale e guizzante che ci porta idealmente al “sesto giorno”, quando dopo la foresta e il cervo, fa la sua comparsa l’uomo, o meglio una casa.

Ora la creazione è completa pronta ad essere benedetta dallo sguardo emozionato del lettore. Tutto è al suo posto, c’è perfino una barca che naviga sul fiume. Ed ecco la svolta, poiché non c’è storia senza un disequilibrio: una nuvola oscura il sole annunciando che tra poco pioverà. La doppia pagina si vela di grigio.

 

Tutto è cambiato. Come si era creato, il mondo ora muta, si disfa, forse per farsi di nuovo, per rinnovarsi proprio come dopo un temporale estivo. La nuvola entra da destra, prepotente, e una dopo l’altra, pagina dopo pagina, copre le cose che abbiamo imparato a conoscere. Dove sono tutti? Dov’è il cervo? Dov’è l’uccello? Il gioco a cui sono invitati i bambini è il gioco più amato: il nascondino. Il libro è oggetto magico, aldilà di ogni lettura critica e filosofica, deve essere attraente e invitarci a infinite riletture. Remy Charlip – coreografo, scenografo, danzatore, scrittore – lo sa bene e ci presenta un meccanismo narrativo perfetto.

I nostri occhi sorprendono animali, bambini e cose un attimo prima di scomparire o di nascondersi: in questo albo i due verbi diventano stranamente sinonimi. Nel foglio che non vedremo tornare bianco, la pioggia chiude il sipario. E oltre l’ultima pagina? Forse tornerà il sole, ma credo stia a noi immaginarlo.

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