Questa recensione è apparsa sulla newsletter di gennaio 2018.
“Una storia grande come la mano,
allora sono cinque storie!”
esclamò il bambino, mostrando le dita.
“Chissà, chissà,
dipende tutto da come le conti”
disse Tigre.
Contare è andare da 1 a 5 sulle dita di una mano, ma anche raccontare.
Nonna Corteccia ha mani antiche come la foresta e cinque storie per Piccolo Albero. Anne Herbauts ci aveva indicato come seguire il vento ad occhi chiusi (“Di che colore è il vento”, Gallucci 2015) e oggi, sempre ad occhi chiusi, ci conduce in una foresta dove di notte schiumano le maree.
I bambini delle copertine di Anne Herbauts sembrano tutti dormire, forse perché è il sogno lo scenario ideale dove questa autrice muove le sue parole, parole in bilico sulla vita e sul tempo, in perenne ricerca di un equilibrio tra il reale e l’irreale.
Le illustrazioni seguono il filo di questo peculiare modo di costruire le storie, si sbilanciano sulla pagina, si sdoppiano, si fanno vuote o piene, dense o sottili come un ritaglio di giornale. Ma in “Una storia grande come una mano” Anne Harbauts si rivela narratrice, aggiunge testo, ha voglia di “contare”.
E conta infatti, cinque storie piccole come un seme, delicate come il silenzio, divertenti come una mano maldestra che pure conosce il linguaggio delle parole…Sono storie sussurrate al limitare del bosco, in quell’ altrove per eccellenza dove si incontrano le Nonnine sagge e buone, dove si accede solo indossando stivali rossi portati in dono da chissà dove.