Alessandro e il topo meccanico non è il libro più conosciuto di Leo Lionni, ma certamente è il mio preferito.
Amo leggerlo ad alta voce, anche se sono sola, perché le sue parole scivolano leggere e mi riappacificano con l’albo illustrato specie dopo una lunga giornata in libreria a sfogliare novità, quando in bocca rimane il sapore di parole sciatte, banali e assemblate in modo approssimativo.
Il testo di Alessandro e il topo meccanico invece è come uno spartito, con i suoi allegro ma non troppo, i suoi adagi, i suoi minuetti e i suoi presto, dove le note sono le parole e la melodia la prosa semplice e raffinata della scrittura di Leo Lionni.
Una prosa “da bambini” direbbero alcuni, così pulita così lineare… eppure sta proprio in questa apparente semplicità il talento di questo grande artista.
Pur veicolando un messaggio, non c’è malizia in Alessandro e il topo meccanico: lo sguardo adulto è chiamato in causa solo per essere il tramite tra il bambino e il testo scritto. E ci si accorgerà che il testo di Leo Lionni non può essere investito di grandi interpretazioni, perché spingere la voce appena un po’ di più significa rompere la melodia intima della storia, vestire il testo di una teatralità che manca completamente.
Qui il sipario è quello della porta di casa, le scenografie l’ambiente domestico, i protagonisti due animaletti così umili da risultare invisibili, vuoi che si parli del topo d’appartamento, vuoi che si narri del giocattolo preferito di una bambina.
E’ piccola la scena, piccole le voci, sottili i fili che Leo Lionni tende da una stanza all’altra. Alzare troppo la voce significherebbe rompere l’incantesimo.
Invece la storia di Alessandro e del suo amico Pippo ha bisogno di una voce dolce, conosciuta, capace di seguire, questo sì, il ritmo della prosa, le pause lunghe del discorso diretto, le pause più brevi del discorso indiretto. La voce deve godere di ogni singola parola, la mano deve girare le pagine lentamente perché le illustrazioni sono preziose e vanno assaporate soprattutto per la loro perfetta composizione. Perfino la posizione delle parole è un collage che merita di fissarsi nella memoria: le parole scritte dentro la luna mi emozionano ogni volta.
Leo Lionni crea un piccolo universo perfettamente compiuto in se stesso che al contempo, come una spirale, apre nuove traiettorie nell’immaginazione di un bambino. Un capolavoro della letteratura per l’infanzia, pubblicato per la prima volta da Emme edizioni nel 1973, da leggere e rileggere a bassa voce fino quasi a saperlo a memoria.
Due libri a confronto
E per capirlo basta prendere un albo contemporaneo di successo, anche se in questo caso tradotto, come “Sulla collina” di Benjamin Davis e mettere a confronto la qualità della scrittura.
Per fare questo confronto dobbiamo dimenticarci per qualche minuto che stiamo leggendo una storia di amicizia o “sull’amicizia”. Occorre cioè partire dal presupposto che entrambi i libri non ci siano graditi in funzione del messaggio che portano, ma per la storia che raccontano. Voi direte: ma storia e messaggio possono essere divisi? Non ci colpisce una storia non solo per come è scritta ma anche per quello che racconta? E non è forse vero che Leo Lionni nascondeva volontariamente nei suoi libri dei messaggi destinati ai bambini?
Forse la risposta più esaustiva è racchiusa in quel “nascondeva” che senza troppo pensare si è palesato sulla pagina. Se leggete ad un bambino Alessandro e il topo meccanico è probabile che lui non la intenda come una storia di amicizia, ma come una storia punto.
E se mai vi venisse voglia di chiedere ( ma io vi suggerirei di non farlo) al vostro piccolo lettore di esplicitare Il messaggio della storia allora lui forse vi racconterebbe di nuovo, ma con parole sue, la storia di Alessandro e il topo meccanico. Forse se la domanda venisse posta a scuola le cose andrebbero un po’ diversamente, ma questo, a mio avviso, sarebbe solo il sintomo, di un modus operandi nei confronti della letteratura che spesso vuole i libri per bambini come un compendio pedagogico di buone intenzioni e di pregevoli virtù.
A questo punto ho ritenuto doveroso avallare le mie ipotesi interrogando direttamente i bambini con alcune semplici domande, le cui risposte riporto appena qui sotto. Sono stati intervistati 76 bambini, dai 4 ai 7 anni, a scuola, in libreria e al parco giochi.
La prova provata
Alla domanda “di cosa parla questo libro” 65 bambini mi hanno ripetuto la storia appena ascoltata, 5 bambini hanno risposto di bambini sulla collina e di topi per Alessandro e 6 bambini avevano diffcoltà a fare il punto della situazione. La storia più facile da raccontare è risultata “Sulla collina” ma mi veniva esposta con meno dovizia di particolari e con una semplificazione maggiore.
Es (trascrivo dal telefono):
“Ci sono due bambini che giocano insieme; hanno delle scatole e fanno cose con le scatole. Poi arriva un altro bambino che vuole giocare, però uno si arrabbia e non vuole più uscire. Si chiude in casa e urla. Un giorno sente bussare alla porta e vede che gli altri bambini hanno costruito una scatola più grande. E allora esce anche lui e poi gioca.” (Giorgia, 5 anni).
Es (trascrivo dal telefono):
“C’è un topo che si chiama Alessandro e vive in una casa, ma nessuno lo vuole vedere: gli tirano scope, piatti…un giorno Alessandro incontra un altro topo, Pippo, però non è come lui, è meccanico, ha una chiave sulla schiena e le ruote. Però non si può muovere perché gli devono dare la carica. E’ il giocattolo di una bambina. Alessandro e Pippo diventano amici e si vogliono bene, ma un giorno Pippo dice, piano piano, che in giardino c’è una lucertola magica (il bambino mentre dice questa cosa parla sottovoce). Alessandro corre in giardino e sotto al cespuglio vede una lucertola tutta variopinta: blu, verde, viola, gialla, rossa… Lei gli dice di portarle un sassolino viola quando la luna è grande. Alessandro lo cerca, ne trova tanti gialli verdi rossi blu, ma non viola. Allora triste torna a casa e… cosa vede? Vede Pippo in una scatola. Allora chiede “perchè sei lì? Pippo dice che c’è stato il compleanno …come si chiama la bambina? Io rispondo: Gisella. C’è stato il compleanno di Gisella e i giocattoli vecchi vengono buttati via. Ma in quel momento Alessandro vede …un sassolino viola! Corre corre in giardino e dice…Oh mi ero dimenticato che prima Alessandro voleva essere un topo come pippo… La prima volta che va dalla lucertola…e adesso come faccio? Vai pure avanti, dico io. Ma Alessandro chiede se può trasformare Pippo in un topo vero. C’è una grande luce e poi la lucertola sparisce. Alessandro corre a casa, ma la scatola è vuota e Pippo è stato buttato via. E’ molto triste e piange. Però poi torna a casa e sente “squit!” e vede Pippo che è un topolino vero. Così si abbracciano e … e poi è finita.” (Matteo, 5 anni).
Penso dipenda dalla visione d’infanzia che le due storie veicolano.
Ho chiesto ai bambini quale tra i due libri assomigliasse di più ad un cartone animato. Hanno risposto Sulla collina.
Ho chiesto se la differenza la facevano i protagonisti: bambini da un lato e topi dall’altro. Mi hanno risposto che era indifferente.
Il patto sincero tra autore e lettore
In Alessandro e il topo meccanico la storia è perfettamente allineata con il mondo interiore di un bambino: c’è il realismo magico con i suoi animali parlanti, custodi di un ambiente domestico- giardino compreso – che pullula di vita e avventure, capaci di riconsegnarci la tradizione delle Favole attraverso una trasposizione minuscola e familiare; c’è una trama lineare eppure incredibilmente ricca di sfumature e di colpi di scena; c’è un ordito lieve, quasi trasparente, che ricama in controluce un universo di sentimenti ed emozioni; c’è una storia perfettamente articolata, nè lunga nè corta, degna di un piccolo lettore.
In Sulla collina invece la storia è più a dimensione di adulto – non a caso l’albo di Benjamin Davis piace tanto ai genitori e alla maestre. E voi mi direte che piace tanto anche ai bambini, ma qui arriviamo ad un nodo inestricabile che non posso sciogliere se non mettendo in luce alcune particolarità del testo, cosa che farò presto.
È chiaro che qui il tema dell’amicizia è centrale: i bambini sono due e poi diventano tre, e il terzo deve essere accolto dai due.
Se poi ponete la fatidica domanda: “quale libro ti piace di più”, molto probabilmente, nel maggior numero di casi, vi verrà risposto: “Sulla collina”. Per questo è importante leggere Alessandro e il topo meccanico, ma avremo tempo di parlarne in modo più approfondito.
Un pensiero su “Alessandro e il topo meccanico – Albo narrativo”