Il Muro

Illustrazione di Oliver Tallec
Illustrazione di Oliver Tallec

Alla mostra internazionale del libro per ragazzi di Bologna c’è un muro, o meglio, una serie di pannelli che nel giro di poche ore dall’apertura della fiera, si riempiono di illustrazioni, biglietti da visita, cartoline e manifesti. Sono le preghiere dei giovani illustratori che sperano di essere notati da qualche editore e di iniziare a lavorare. Amo dedicare tempo a questa parte della fiera dai più bistrattata, perché il muro mi ha sempre raccontato molte cose: quali sono gli stili più seguiti del momento, quali soggetti fanno capolino tra gli altri, qual è il livello di cura con cui gli aspiranti illustratori presentano il proprio lavoro, anche se si tratta di esporre una singola immagine. Insomma, il muro rivela il mondo sommerso sotto lo smagliante universo degli stand allestiti, è l’iceberg che spinge in superficie le tavole selezionate per la mostra degli illustratori, ed è in grado di farci sentire quale eco gli illustratori più affermati producono su chi è alle prime armi (o quasi).

Illustrazione di Kitty Crauter
Illustrazione di Kitty Crauter

E non è solo interessante osservare il muro, ma anche le persone che vi gravitano intorno: dagli aspiranti illustratori – per lo più vestititi in modo originale (chissà poi perché!) – ai curiosi – facendo caso a cosa scelgono di fotografare – passando per quelli che vi passeggiano accanto commentando le immagini che più li colpiscono, fino ad arrivare ai depredatori all’ultimo giorno che staccano dai pannelli i cimeli più belli, mettendo inconsapevolmente in mostra le illustrazioni meno riuscite.

Quest’anno il muro mi ha raccontato quanto segue.
Rispetto all’anno passato ho visto, purtroppo, una maggiore omologazione agli immaginari dominanti. Tre i filoni principali:

  • Le illustrazioni di animali antropomorfi in stile Deborah Underwood o Oliver Tallec, ovvero animaletti paffuti, dai colori pastello quando disegnati a matita o dai toni squillanti quando realizzati in digitale. Soggetti dai nasi pronunciati, code morbide, occhietti piccoli e lucenti, immersi in un paesaggio rotondeggiante tutto su misura.
  • Le illustrazioni in stile Kitty Crauter o Johanna Consejo, ovvero tavole dai colori spenti, spesso disegnate a matita, dalle forme allungate e dalle ombre dense che evocano atmosfere surreali, illustrazioni dove la rarefazione narrativa è aumentata o sublimata dal livello onirico della rappresentazione.
  • Le illustrazioni in stile Nicoletta Ceccoli o Benjamin Lacombe, ovvero tavole in cui i soggetti principali sono figure umane dai lineamenti bambini, dove i protagonisti vivono perennemente in bilico tra l’infanzia e la pubertà. Illustrazioni volutamente leziose che cristallizzano il perturbamento in un immaginario a tinte lievi, tutto giocato sulla trasparenza, su un incerto “dico e non dico”, “vedo e non vedo”.
Illustrazione di Benjamin Lacombe
Illustrazione di Benjamin Lacombe

Per quanto riguarda le poetiche ho notato:

  • Il ritorno del filone fiabesco.

Forse quando non si hanno storie da raccontare o si è disimparato a farlo, quando l’editoria si spinge sempre con maggiore vigore nella produzione di albi astratti e concettuali, quando i giovani illustratori non pensano (o non sanno più) che illustrare equivale a narrare, le fiabe tornano prepotentemente a sostenere l’immaginario.
La Bella addormentata e Biancaneve sono le più frequentate, gli illustratori più romantici propongono Elisa sorretta in volo dagli undici cigni, mentre i più audaci, in accordo, conscio o meno, con questa brutale contemporaneità, ripropongono il Pifferaio di Hamelin (cosa vi è di più attuale di una fiaba che parla di una comunità che assume uno sciamano per liberarsi di sudici topi clandestini perdendo infine i propri bambini?)

  • Il dileguarsi del genere Fantasy.

Le illustrazioni fantasy erano sicuramente presenti in misura minore rispetto al 2015, e le poche che ho visto risentivano sempre di più di una marcata digitalizzazione.

  • Una nuova passione per la serigrafia.

C’è stato un notevole aumento delle illustrazioni serigrafate, sulla scia dello stile di JooHee Yoon; particolare interessante è che i colori prediletti su questo genere di tavole sono le declinazioni dei rossi e dei verdi.

 

Illsutrazione di Deborah Underwood
Illsutrazione di Deborah Underwood

Certo, il muro è solo una parte del vasto panorama che si può ammirare alla fiera del libro di Bologna, e può non essere una boccata di aria fresca come passeggiare tra le tavole degli illustratori selezionati; ma sicuramente è un punto privilegiato da cui osservare una fetta importante del mercato dell’editoria per l’infanzia, ricordando che le poetiche che il muro esprime sono molto più vicine al pubblico medio di una libreria per ragazzi di quanto non si creda.

A volte poi può capitare che alcuni aspiranti illustratori “da muro” siano divenuti illustratori importanti, e può essere divertente guardare quei pannelli densamente popolati, formulando scommesse. Quest’anno non ho notato nulla di rilevante, niente di nuovo sotto il sole e questo un po’ mi preoccupa.
Di contro, passeggiando quattro giorni per la fiera, mi è parso di cogliere un cambiamento che aspettavo da tempo, ovvero un ritorno all’illustrazione figurativa. Ci vorranno forse un paio di anni (o qualcosa di più) affinché questo mutamento di prospettiva nell’albo illustrato prenda piede e possa riportare libri con belle storie in libreria, ma noi attendiamo con trepidazione.

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