Levi Pinfold è l’autore di Cane Nero. Lo stavamo tutti aspettando con un nuovo libro, e quel libro è infine arrivato: si chiama “La stagione dei frutti magici” ed esce con la casa editrice Terre di mezzo.
Cane Nero di Levi Pinfold, oltre a sorprenderci con le sue magnifiche tavole illustrate, è un libro che racchiude un grande pregio: è riuscito a parlarci del tema della paura (argomento molto richiesto oggi da maestre e genitori) senza enfasi né retorica.
La prima volta che lo lessi pensai a Leo Lionni, al suo fare sapiente nel tradurre in parole e in immagini, i grandi temi della vita senza risultare mai pedante o sopra le righe; Leo Lionni è stato un vero maestro e, per altro, non ha mai fatto mistero dei suoi intenti pedagogici nell’ideare libri per bambini, ma ha sempre rivelato, con sincerità, la sua poetica, dichiarando, per esempio, perché preferiva gli animali ai bambini nei suoi albi illustrati.
In Levi Pinfold riconosco la stessa sincerità d’intenti ed un’ottima efficacia compositiva e narrativa (a dispetto della pessima traduzione italiana di alcune parti di Cane Nero) benché il suo stile e i suoi testi siano tutt’altro che lineari e puliti come quelli di Leo Lionni.
Questo non è un male intendiamoci, specie se ci troviamo davanti ad una tavola come quella in cui Cane Nero, grande quanto la doppia pagina, si staglia immenso davanti alla piccola Small, e ci troviamo a chiederci se non stia annusando anche noi; un’illustrazione magnifica che da sola vale il prezzo del libro.
Non sono solita recensire un albo partendo da un altro libro dello stesso autore: in fondo ogni libro ha una vita propria, una sua identità. I libri di uno stesso autore possono essere diversi l’uno dall’altro come due bambini nati dagli stessi genitori che, seppur fratelli e pur palesando quella certa “aria di famiglia”, crescono e pensano in modo differente.
Tuttavia dopo il successo internazionale di Cane nero, il paragone è quasi inevitabile.
Ci sono punti in comune tra i due albi, il primo tra i quali è che, anche questa volta, Levi Pinfold vuole mandarci un messaggio: siate gentili con la terra, accogliete il diverso da voi e abbiate cura di ciò che la vita vi donerà. Certo, non roba da poco.
Il secondo punto in comune è l’uso della filastrocca o meglio del narrare in versi: se in Cane nero la piccola Small si faceva inseguire dal feroce mastino canticchiando una filastrocca che aveva il poter di farlo rimpicciolire, ne “La stagione dei frutti magici” tutta la storia è narrata in versi.
Una scelta audace che potrebbe penalizzare il libro – il lettore italiano è ogni giorno più lontano dalla poesia – ma che ha nella rima e in una traduzione di gran lunga migliore di quella di Cane nero i suoi punti di forza.
Dunque di cosa parla questo albo? Di una famiglia, la famiglia Orzodoro, che si trova alle prese con un folletto, un Greenling, trovato una mattina dentro al canale di scolo vicino al loro campo coltivato, avvolto in quello che sembra un grande fiore di carciofo. Il folletto che assomiglia ad neonato paffuto, ha la pelle verde e una fame incontenibile; ma la cosa più sorprendente è che, man mano che cresce, è capace di trasformare la casa dei signor Orzodoro in una serra, in un orto, in un giardino e in una foresta. La forza dirompente della sua natura invade perfino i binari della linea ferroviaria che passa proprio sopra la casa degli Orzodoro.
In tutto questo crescere di rami, di frutti succosi, di fiori di lavanda, si snoda l’anima della storia, ovvero la diffidenza della Signora Orzodoro prima e dei vicini di casa poi, verso questo essere che alcuni chiamano “mostro”.
Solo il Signor Orzodoro pare amarlo e comprenderlo nella sua diversità.
Di certo non starà a me svelarvi il finale di questo albo illustrato che ha nelle sue illustrazioni la potenza di un silent book. Quello che posso dirvi e che lo troverete in parte molto diverso da Cane Nero e in parte molto simile.
Vi scrivo questo perché, come dicevamo, il paragone vi verrà spontaneo; ho già sentito dire da qualche lettore “Non è come Cane nero” e ho colto in queste parole una nota di malinconia e un leggero velo di delusione. Poi però il libro gli rimane tra le mani, viene sfogliato e sfogliato ancora, letto, osservato nei minimi dettagli e infine portato alla cassa.
Ciò che mi preme sottolineare in questa recensione sono le opportunità che non potete lasciarvi scappare leggendo “La stagione dei frutti magici”:
- la prima è quella di leggere a voce alta un testo in versi ai vostri bambini: vi siete sperimentati tante volte con “Il Gruffalò” che non avrete problemi a proseguire su questa strada anche se il libro che ora vi accingete a leggere, non è ancora un classico; certo il testo vi può apparire più complesso, non tanto nella struttura narrativa (Il Gruffalò possiede un quid narrativo invidiabile e per nulla scontato), ma per la sua sintassi e per il significato profondo che la storia sottende. Tuttavia, come è per il Signor Orzodoro, vi chiedo di avere fiducia nelle capacità e nell’esuberante generosità della mente di un bambino.
- la seconda è quella legata al messaggio della storia. Non sono sicura che Levi Pinfold sia riuscito a parlarci di un tema tanto delicato come l’ecologia e la diversità, con la stessa leggerezza e levità che emerge da Cane Nero, ma nonostante non abbia ancora sciolto questo dubbio, mi sento di spezzare una lancia a favore di questo bravo autore e illustratore: un tema tanto complesso non poteva avere una risoluzione facile, e trovo che rispetto alla vasta produzione di libri sull’argomento, questo albo si collochi decisamente sul podio. In primo luogo perché “La stagione dei frutti magici” è una storia e questo ha per me un valore inestimabile: gli albi narrativi sono sempre meno e se in libreria ne appare uno firmato Levi Pinfold vale la pena soffermarsi. In secondo luogo perché l’ecologia, l’archetipo del diverso, l’amore per la terra portano certamente una complessità maggiore rispetto al tema della paura trattato tanto magistralmente in Cane Nero.
- la terza motivazione è quella più sotterranea e invisibile, cioè quella legata al meta testo. I libri di Levi Pinfold, ma soprattutto le sue meravigliose tavole, ci parlano di altre storie legate tra loro. Chi è il Greenling? Per rispondere a questa domanda dovrete fare ricerche, imbattervi nella cultura celtica e in quella nordica in generale, sarete insomma invitati a costruire ponti verso altre culture (anche il Cane Nero portava con sé un’antica memoria). Restando più vicini al nostro repertorio popolare, Il Greenlig di Levi Pinfold ci ricorda, per il modo in cui viene alla luce, la famosa leggenda dei bambini nati sotto ai cavoli. Mi pare ci sia un’ironica illusione da parte dell’autore verso simili racconti, chissà che discorsi interessanti potrebbero far nascere le pagine di questo libro! E ancora: chi ha portato nel campo degli Orzodoro il Greenling? E quando alla fine del libro il folletto sparisce ci si domanda dove sia andato e se tornerà. Osservando poi il magnifico inventario dei frutti e degli ortaggi (ogni riferimento agli Inventari dell’Ippocampo non è casuale) dipinto in modo tanto preciso e appassionato da Levi Pinfold, vi verrà certamente voglia di saperne di più. Si può anche notare che Il Greenling è un folletto gentile perché “addobba” ogni stanza in modo appropriato: la camera da letto dei Signori Orzodoro, per esempio, è piena di delicati fiorelli rosa e lilla.
- la quarte ed ultima opportunità che vorrei non vi sfuggisse leggendo “La stagione dei frutti magici” è quella di perdervi e incantarvi nelle illustrazioni di Levi Pinfold che io trovo straordinarie. Se per Cane Nero la tavola con il grande mastino accucciato davanti alla minuscola Small valeva il prezzo del libro, ne “La stagione dei frutti magici” ogni illustrazione è un quadro. Quindi non avete scuse.
Un ultimo appunto prima di concludere questa lunga recensione: osservando la libreria Radice-Labirinto dopo tre anni dalla sua apertura, siamo arrivati alla conclusione che il libraio Dario nasconda da qualche parte un piccolo Greenling.
Un pensiero su “La stagione dei frutti magici – Albo illustrato”
Bellissimo articolo. Sono d’accordo su tutto, adoro Pinfold. Leggendo Greenlin in inglese trovo che anche questa traduzione italiana sia parecchio macchinosa mentre l’originale va via leggera e spontanea, sembra una traduzione fatta in casa e non affidata a un traduttore professionista. In Cane nero, per altro, si può notare una stampa sbiadita, che fa diventare il libro un po’ Cane grigio e in generale meno intenso della versione inglese. Speriamo che la lodevole impresa di portare Pinfold in Italia pian piano renda anche le edizioni nostrane degne della grandezza di questo autore/illustratore.
Complimenti ancora a voi.