Ormai lo sapete che noi di Radice-Labirinto amiamo Laura Orvieto. “Leo e Lia” è, fin dall’apertura, il libro illustrato più venduto della nostra libreria e noi ne siamo davvero molto felici. Così non potevamo, in previsione di Festival Filosofia 2014 il cui tema è “La Gloria”, non dedicare un consiglio di lettura a “Storie di bambini molto antichi”.
La prima edizione di “Storie di bambini molto antichi” uscì per Arnoldo Mondadori Editore nel 1937 e, dopo 77 anni, la stessa casa editrice lo ripropone nel suo catalogo ragazzi.
Non è certo per mancanza di fantasia o di nuovi autori capaci che alcuni libri vengono rieditati ma, io credo, per il loro valore. Ci sono voluti parecchi anni, è vero, forse troppi, ma l’importante è che oggi possiamo consegnare intatto e bellissimo questo scritto della Orvieto ai nostri figli, alunni, bambini e non solo. “Storie di bambini molto antichi” dona particolarmente alle mani sapienti dei nonni, a quelle indaffarate delle maestre e in generale fa la sua bella figura anche sul comodino di mamme e papà.
Cosa rende così speciale questo libro?
Per prima cosa la prosa.
Sono convinta che leggere un libro ben scritto possa assolvere in un solo gesto tre funzioni precise: far penetrare nella mente una melodia indimenticabile, spingere e incoraggiare la scrittura, sostenere lo stupore della lettura. La prosa di Laura Orvieto è raffinatissima:
“Dai suoi regni dei boschi la giovane Diana passava poi nel mondo della luna, e non in sogno ma veramente. Suo padre Zeus le aveva dato il permesso, anzi l’incarico, di guidare la luna attraverso la notte; e come erano meravigliose quelle corse attraverso l’infinito cielo, tra le innumerevoli stelle, guidando i due cavalli belli uno più dell’altro, quello nero come la pece e quello bianco come la neve, vedendo la terra laggiù, piccina come un balocco, con i suoi boschi scuri, i suoi prati color di luna, le montagne nere con la neve splendente sulle cime, i fiumi e i laghi d’argento puro, e il mare immenso che alzava le sue scintillanti onde come se volesse offrirgliele tutte in dono!”
[Da notare l’imponenza del periodo, che pure conserva tutta la sua freschezza; alcune splendide inversioni di sostantivo e aggettivo – ogni volta che leggo “attraverso l’infinito cielo”vengo colta dalla commozione; e ancora, la pregnanza di aggettivi mai casuali e sempre puntualissimi – le scintillanti onde ci danno esattamente l’idea dell’acqua spumosa bagnata dalla luce della luna – e purtroppo sappiamo bene da quanta povertà lessicale siamo circondati! Pare non esista altro aggettivo all’infuori di “bellissimo”.]
La prosa dell’Orvieto non è solo raffinata, ma anche profonda, sempre ancorata saldamente alle radici di un pensiero potente:
“-Guarda- Disse Cerere. – Ognuna di queste radici ha una sua vita e un suo sogno. Ognuna ti dirà qualche cosa, se tu l’interroghi e l’ascolti. Ciò che io faccio sulla terra per le piante nel loro fiorire tu puoi fare sotto terra per le piante nel loro formarsi e crescere; e per le larve nel loro sognare e prepararsi per la nuova vita. Guarda e ascolta, o figlia.”
[ Cosa c’è di più autentico della forza di una madre che si separa dalla figlia – Demetra deve rinunciare per sei mesi all’anno alla compagnia della cara Proserpina – e che nel dolore trova parole di speranza per addolcire la pena? E in questo tenero paragone dove i semi e le radici sono il messaggio d’amore tra il mondo di sopra e quello di sotto, il regno di Ade, noi sentiamo tutta la forza di una prosa forte e sincera che attinge dalla realtà per trasmetterci il vero senso delle cose.]
E nella sua scrittura potente, la prosa di Laura Orvieto riesce ad essere anche estremamente semplice, allegra e godibile:
“-Non può essere il mio bambino! (Gridò Hera quando vide Efesto) E’ troppo brutto, è un mostro! Non lo voglio vedere, non voglio!-
Hera non aveva mai sentito la storia dell’orsa che quando le nascono i piccini, che in principio sono sempre molto brutti, li lecca, li rilecca e li carezza, e a furia di leccarli e carezzarli li fa diventare belli. Non la conosceva, e questo fu un guaio per il piccolo Efesto.
Se l’avesse saputa avrebbe cercato di fare come l’orsa, avrebbe non dico leccato ma carezzato il piccino e cercato di migliorarlo, o avrebbe perlomeno aspettato a vedere se con il tempo diventava meno brutto. Invece lei cosa fece? Era una donna un po’ troppo impetuosa quella Hera.
Bisogna compatirla: per quanto regina, era una donna molto antica e primitiva, e non solo non sapeva la storia dell’orsa, ma non sapeva niente.
-Come niente?
-Ma proprio niente?
-Non sapeva neanche leggere e scrivere.
-Non sapeva neanche leggere e scrivere?
-Neanche quello. Bisogna però dire che allora nessuno sapeva leggere e scrivere. Non lo avevano ancora inventato.”
[Una scrittrice, Laura Orvieto, che ha sempre presenti i suoi interlocutori, bambini curiosi e attenti, che quando leggono o studiano la storia si fanno mille domande, che si meravigliano di fronte a ciò che esula dalla loro realtà, che hanno bisogno di essere condotti per mano nella difficile e pericolosa strada del giudizio e del pregiudizio; perché la storia serve per capire il passato e orientare i nostri passi verso un futuro migliore.]
Questi sono solo alcuni spunti di riflessione, ma sono sicura che di ciascuna delle storie racchiuse nel libro di Laura Orvieto, voi saprete apprezzare e godere ogni parola.
Se invece “Storie di bambini molto antichi” non vi ha ancora conquistato vi lascio altre due righe sul tema del libro.
La mitologia nasconde straordinari tesori, non solo perché nonostante il passare dei secoli riluce intatta come una conchiglia appena approdata a riva, ma perché la mitologia trattiene tutti gli archetipi del mondo.
La maestria di Efesto, l’astuzia di Ermes, la saggezza delle Muse, l’audacia di Artemide, la collera di Zeus, la sapienza di Atena, la forza di Ercole sono solo alcuni dei tanti grandi temi che i bambini possono affrontare con svago e leggerezza leggendo i miti antichi. Racchiuse in ogni storia ci sono mille e mille metafore di vita, suggestive e potenti immagini che con una sola pennellata riescono a definire i contorni della storia dell’uomo, dando risalto in egual modo al pensiero, ai sentimenti e alle emozioni. I miti sono le matrici originali di ogni fiaba, di ogni racconto; reggono le parole splendenti dell’epica, della poesia, della tragedia e della commedia; sono il trampolino celeste dell’immaginazione.
Privare i bambini del mito significa non condividere non solo la storia dell’umanità, ma il bagaglio ricchissimo di simboli e sogni che da sempre portiamo impresso nel nostro codice genetico. Da quel primo sguardo verso il cielo stellato, da quel primo passo che ha risuonato profondamente sulla terra scura e profumata e che ha rimandato un’eco misteriosa e arcana, l’uomo non ha mai smesso di chiedersi il perché della luna, dei boschi, dei fiumi, del passare delle stagioni, e mentre si interrogava sul mondo, l’uomo ha iniziato a guardare anche se stesso e si è chiesto il perché dell’ira, della gioia e dell’amore.
In ogni parola di Laura Orvieto, in una delle più belle trasposizioni dei miti per bambini che possiamo oggi trovare in libreria, in un racconto che è al tempo stesso dolce commento dei fatti e versione illuminata di leggende più estese e complesse, possiamo ritrovare le prime risposte che l’uomo antico si è dato e che sono così simili e affini all’immaginario infantile. Quei bambini molto antichi sono ancora in noi; siamo noi che apriamo la bocca in un respiro di meraviglia davanti al mare, alla forza di un sentimento, ai momenti che passano come lampi nel tempo felice, noi che rimaniamo stupiti quando leggiamo ai nostri figli un libro ritenuto difficile e che invece troviamo nei loro volti un’attenzione commossa e partecipe.
Non chiedetemi per quale età consiglierei questo libro, piuttosto chiedetelo ad Alessandro di sette anni e a suo fratello Riccardo di tre, cosa pensano di “Storie di bambini molto antichi” quando entrano in libreria e si mettono a disquisire su che tipo di spada poteva possedere Achille; chiedetelo a Leonardo di otto anni che si è divorato tutta la mitologia presente in libreria; o chiedetelo a Giulio, di tre anni e mezzo, che ama Bellerofonte e sa come si chiamava la fonte a cui Pegaso si abbeverava.
I miti, come le fiabe, non conoscono misura, né pregiudizio, non conoscono il tempo, non sanno parlare di pedagogia né di ermeneutica, ma sanno dirvi con parole d’incanto tutto quello che volete sapere, perché come scrisse Salustio in “Degli Dei e del mondo”:
Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre.
Un pensiero su “Storie di bambini molto antichi – Narrativa”
Grazie, grazie, grazie e ancora grazie per i tuoi preziosissimi consigli! Mariangela