Avevamo eletto giugno il mese della poesia, ma le fiabe hanno preso il sopravvento. La poesia tuttavia, da quando Radice-Labirinto ospita i quadri di Marina Marcolin, non ha mai smesso di attraversare la libreria.
Anche se a fine giugno la vetrina si spoglierà delle opere di Marina Marcolin e delle poesie di Silvia Vecchini, il sole di luglio porterà l’estate e la voglia di comporre versi; per questo il mese della poesia diventerà agosto e poi il giallo settembre, per proseguire con il dorato ottobre, dentro le scarpe di novembre e nei vetri appannati di dicembre…
Mentre mi accingo a narrarvi di un altro incontro poetico, mi chiedo quanti sguardi di meraviglia possa contenere un bambino e secondo quali criteri decidiamo che un suo gesto o pensiero si possa definire poetico.
La bellezza sta negli occhi di chi guarda e forse anche la poesia.
Ma che cosa intendiamo per poesia?
Se la definiamo come un’emozione che ci attraversa potremmo scoprire di essere perennemente in balia dei versi; se invece è bellezza allora in molti potrebbero faticare a trovarla nella realtà di tutti i giorni; e se invece è sentimento ciò che ci è caro sarà spesso oggetto di sguardi poetici.
I bambini rischiano continuamente di inciampare in queste tre categorie e in effetti i mezzi di comunicazione, dai social network ai messaggi della pubblicità, sono costantemente invasi da un senso di meraviglia e stupore che perde corpo e parole.
Un bambino che gioca con la propria ombra o con un filo di luce , che si addormenta sull’erba, che calpesta le foglie, è poesia? Dove interviene la forma poetica, dove risplende il diamante dei versi?
Sui mezzi di comunicazione la poesia è affidata per lo più alle immagini, ma a meno che la fotografia non sia davvero speciale, cosa resta? Se la profaniamo non ci restituirà che brutti versi, come quelli sciatti che ritroviamo nelle cartoline preconfezionate, o i cadaveri di quelle che erano bellissime poesie trasformate poi dalla lingua battente in versi privi di amore.
Forse la poesia è invisibile
Mi chiedo questo perché oggi avrei voluto parlarvi di un incontro poetico familiare e mi sono posta la domanda su come raccontare qualcosa di così personale senza tradire la poesia stessa.
Allora quello che farò è affidare le immagini di quel giorno alla poesia d’autore.
Un giorno di vento in riva al mare
Con te il tempo è pane
io lo mordo, lo bevo come latte.
Si ferma, riparte
è lungo e breve insieme
è un seme con il sale
che sazia la fame e la fa tornare
quando
te ne devi andare.
Silvia Vecchini(Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno, Topipittori)
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Voglio bene a te
e ai tuoi capelli corti
ai tuoi lacci sciolti
e alle tue calze giù
a come sei se ridi
e a quando metti il muso
alle tue ginocchia d’ossa
e ai tuoi occhi seri
a come muovi le mani
e a come ti viene sonno
a come mi saluti
e a come corri in piazza
quando con noi c’è il vento
e sulle case il cielo
sta come un mantello
viola.
Giusi Quarenghi (E sulle case il cielo, Topipittori)
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La schiuma che entra
da sotto la porta
annuncia il reflusso
dell’alta marea
E’ il mare di ritorno
da un altro giorno
di duro lavoro
Sono a casa, tesoro!
Io sono la sposa gelata
voluta dal mare
in una giornata agitata
Hai molto patito?
chiedo a mio marito
Bah! Due tifoni nel Mar Rosso
un po’ di mare mosso
Poi mi bacia la faccia
E fra le sue umide braccia
io mi addormento
in un solo momento
Cullata dalle onde
fra pesci e anguille
dormo
giornate tranquille.
Fabian Negrin (La lingua in fiamme, Orecchio acerbo)
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La meraviglia è un dono rotondo
Che va e ritorna fra gli occhi ed il mondo
Gli occhi la spargono su fiori e prati
E poi li guardano meravigliati
Gli occhi la spalmano sopra le cose
E poi le trovano meravigliose.
La meraviglia sta in quello che guardi?
Oppure sta nei tuoi sguardi?
Sta nelle cose che vedi e che tocchi?
O nelle mani o negli occhi?
La meraviglia è vicino e lontano
E’ a metà strada fra il fiore e la mano
E’ nella prosa, è nella rima
E’ nella rosa che viene prima
E’ nel silenzio che viene dopo
Nelle parole che non hanno scopo
Nella dolcezza dopo aver pianto
Nel fiato preso prima di un canto
Nel passo indietro prima del salto
Nell’uomo basso che guarda in alto
Nell’uomo alto che guarda altrove
Negli orizzonti del no si sa dove
Nel crac aprendo un guscio di noce
Nel buio vivido dopo la luce
E’ la vigiglia di tutte le cose
E’ la vendemmia di tutte le rose
E’ questo mondo quando ci assomiglia
La meraviglia.
Bruno Tognolini (Rime raminghe, Salani)