Cosa porti bambino
in quel sacco
che tanto brucia e arde?
Sono tizzoni
di favola
già pronti
a riattizzarsi
Poi la fiamma
getterà meraviglia
nel mio giardino
e ascolterò
stelle scricchiolare
E girerò il mondo
tutte le città
in ogni filo d’erba.
Silvestro Sentiero
Vorrei raccontarti una storia…
Vorrei donarti l’incanto di cinque giorni meravigliosi trascorsi tra fiabe, amici e voci che nutrono.
Il sipario è alzato, sul palco c’è una sedia, vuota. Eppure l’aria è attraversata da parole, canti e filastrocche.
Dove stanno le storie quando il sipario è aperto e tutte le storie possibili dovrebbero diventare una e non c’è nessuno a raccontarla?
Le storie abitano dentro di te, ci stanno da sempre; senza di loro il palcoscenico ti sembrerebbe sempre vuoto, gli attori sarebbero muti e le luci dello spettacolo ti abbaglierebbero nella loro sordità di ombre.
Perché le storie sono intorno a te e se non le saprai ascoltare non avrai memoria e sarai sradicato dal presente e allontanato dal futuro.
Adesso che lo sai, adesso che quella sedia ti ha detto tutto questo e che le voci che senti si fanno via via più forti alle tue spalle, ti puoi guardare intorno.
La platea è vuota, ma quasi non la noti. La folla chiassosa delle piazze e quella geometrica delle file numerate non è qui. Le persone hanno trovato una dimensione più intima, raccolta. Ora alza lo sguardo.
Alcuni palchi sono illuminati, sembrano le cellette di un alveare, e il ronzio che senti è il lavoro continuo e instancabile della memoria del tempo. Ventisette narratori stanno lassù e stanno raccontando una fiaba nella penombra del palco, in quello spazio piccolo che si fa accanto al fuoco.
La fiamma arde, il narratore crea meraviglia ed è meravigliato, parla e ascolta, affonda gli occhi nelle immagini delle fiabe e negli occhi di chi siede accanto a lui.
Chiudi gli occhi. Le voci si mescolano tra loro, le fiabe si parlano, si contaminano come dall’inizio dei tempi.
GALOPP, GALOPP, GALOPP TRADIMENTO!
TRE BRIGANTI STAVANO DORMENDO…
VASSILISSA!
MANGIA DI CUORE
E ASCOLTA IL MIO DOLORE
I VERI GUAI DEVONO ANCORA VENIRE!
CUCIMI 12 CAMICIE…
E tu sei catturato, preso, per sempre.
C’è un tintinnare tra le parole, un palpito cristallino che ti fa pensare a luoghi lontani , così lontani che li diresti alla fine del mondo. Campanelli e cimbali risuonano come un C’era una volta e una volta non c’era… che lasciano aperte le strade della via del ritorno, ovunque tu ti sia perduto.
E nei corridoi dietro ai palchi, in quelle strade che sempre ti aspettano dentro al bosco o dietro le porte proibite, senti il suono netto e sicuro della pietra che batte su un’altra pietra. Il ritmo è regolare, come il battito del cuore; può andare lento o veloce, ma tu sai che le api-narratrici disegnano piste sicure da seguire.
Seguendo lo scoppiettare dei sassi vedrai accendersi un altro fuoco, in un altro palco e sentirai un’altra fiaba iniziare perché un alveare non è mai silenzioso.
E se guardi bene, laddove i narratori non raccontano, nei palchi bui e silenziosi dell’alveare, vedrai adulti e bambini seduti vicini a incantarsi ascoltando e osservando la trama intessuta da parole, gesti, suoni e filastrocche che si fanno eco da una storia all’altra di questo microcosmo brulicante di vita.
Questa storia che ti racconto è fatta di fiabe, le puoi sentire nell’aria: Vassilissa, Ivan e l’uccello di Fuoco, Tamlin, Palla di fuoco. Sono fiabe che nascondono la fiamma magica della verità e del coraggio.
Ma ti svelo un segreto: ci sono tantissime altre storie intrecciate a queste, storie che sorreggono l’incanto di ciascun narratore, che evocano paesaggi e fanno di ogni fiaba un racconto diverso.
C’è la storia di Imma che porta con sé l’incanto di un bacio nell’armadio, c’è la storia di Carlo Alberto che leggeva fiabe ai suoi pupazzi, c’è quella di Davide che un giorno d’estate vide una lucertola gigante, quella di Veronica che si perse tra la folla per una bicicletta rossa, quella di Giacomo che non voleva pestare le righe delle mattonelle, quella di Alessandra che all’asilo mise una lettera d’amore nel grembiulino sbagliato, quella di Isadora che scalò un vulcano e sentì la forza della terra, quella di Claire e del suo cappellino rubato per amore.
Quante ne puoi sentire?
Quello che conta alla fine di questa storia e che tu abbia voglia, adesso, di trovare la tua.
Un grazie di cuore a Monica Morini, che parlava ad un cammello prima di dormire, a Bernardino Bonzani che avendo i capelli rossi e un nome lungo faceva da sparti acque, a scuola, tra maschi e femmine, ad Antonella Talamonti perché, anche se non ci ha raccontato un ricordo della sua infanzia, è evidente che quella antica fiamma brilla in ogni suo gesto e sprizza fiamme e faville da ogni nota delle sua voce.
Un grazie a tutti i ragazzi del Teatro dell’Orsa, in particolare a Cristina Spallanzani che sta per inaugurare a Reggio Emilia la libreria per ragazzi “Il semaforo blu” perché una libreria che nasce è una speranza per il futuro e un’officina di storie.
Un grazie a tutto lo staff di Reggio Children e al Laboratorio Rodari per la calda accoglienza che ci ha riservato.
Infine un grazie speciale ai miei compagni di viaggio, otto giovani narratori che mi hanno regalato una delle più commoventi avventure delle mia vita.
Grazie.
3 pensieri su “L’alveare delle storie”
Un grazie di cuore a te magica incantacuori dalle mille voci e dagli infiniti sguardi. E’ stato un incontro voluto dal caso e dal fato e fatto di brevi frammenti. Ma dimmi com’è che ne provo nostalgia?
Grazie della tua passione, del tuo lavoro del tuo raccontare Alessia
Chicca