È stato il primo libro della nuova collana a cura di Topipittori, “L’età d’oro”, una collana che riporta sugli scaffali delle librerie “Il racconto illustrato”. È di questi giorni un’interessante discussione, nata sui social, sul termine “albo illustrato”. In molti si sono dichiarati scontenti di questa definizione, ma io sono pienamente a favore del termine “albo”.
Oltre a vedere un bellissimo potenziale nel bianco che la parola albo evoca, l’ albo illustrato mi permette di distinguere questo genere dalla narrativa e dal libro illustrato.
La riscoperta del “racconto illustrato” mi riempie di gioia. Che cos’è dunque il racconto illustrato? In primo luogo è una locuzione che forse non attecchirà tanto facilmente: i racconti illustrati sono rari nei cataloghi degli editori per bambini che hanno fatto dell’albo illustrato il loro prediletto, e in secondo luogo perché il lettore adulto ha bisogno di riscoprire il valore delle parole prima di poter scegliere un libro come questo e prima di saper riconoscere che tipo di prodotto editoriale abbia tra le mani. Voglio dire che non è facile accorgersi di quanto questa collana sia innovativa,e in secondo luogo che non è affatto scontato scegliere i suoi titoli tra tanti albi illustrati che con i loro testi paratattici, le poche parole e l’interazione profonda con le immagini ( quando di qualità) ci hanno abituato a diffidare di prose lunghe e articolate.
Ma se superiamo tutto questo e ci tuffiamo in questo racconto illustrato che apre la collana “L’età d’oro”, troveremo un tesoro.
Gaia Formenti e Marco Piccarreda ( “Le vite di Ada” è un libro a quattro mani, anzi sei, se consideriamo anche l’illustratrice Sarah Mazzetti) hanno in questo libro, formato da più racconti, uno stile Rodariano; gli stessi autori nel corso di un’intervista hanno dichiarato la fonte della loro ispirazione. Questa impronta è forte soprattutto nel primo capitolo dove, sia per il soggetto – Ada è un pesce degli abissi – che per le trovate letterarie ci ricorda moltissimo “Il giovane gambero” di Favole al telefono.
Quanto Rodari, più o meno riuscito, c’è oggi nella letteratura contemporanea?
Da un certo punto di vista, probabilmente meno di quanto desidereremmo aspettarci; ma quello che c’è ha perso vigore, come se, a forza di copie, quello stile si fosse opacizzato. Gianni Rodari ha una freschezza non convenzionale e a mio avviso unica. Allora forse conviene tenerlo certamente come maestro e per fargli davvero onore, cercare una propria voce. E devo dire che dopo un primo capitolo un po’ faticoso, Gaia Formenti e Marco Piccarreda ci riescono perfettamente, tenendosi la lezione di Gianni Rodari in tasca senza scimmiottarlo inutilmente. Così ci regalano un personaggio vivo e vibrante che si chiana Ada, nome palindromo, già di per sè malleabile, e perfetto per essere il nome di una creatura che di vita in vita, e di era in era, si ritrova a vivere in corpi diversi. Non solo Ada abita corpi di animali ( pesci, rettili, felini, pachiderma…), ma diventa anche una pietra e un frutto ( senza dubbio i miei capitoli preferiti) o un “barmadillo”, di cui non posso svelarvi nulla pena farvi perdere un capitolo di esilarante divertimento. Ecco, si può proprio dire che con Ada riderete, ed è forse questo lo stile che piano piano, proprio come Ada che nasce la prima volta dentro ad un buio un po’ confuso, trova la sua strada peculiare nella partitura di un racconto illustrato tutto da gustare.
Se Gianni Rodari era lieve e insieme sagace, Gaia Formenti e Marco Piccarreda si rivelano scrittori ironici e ricchi di una dolcezza particolare che ci permette di arrivare all’ultimo capitolo un po’ commossi.