Bertolt è morto.”
La grande quercia non tornerà a fiorire.
Morta. Gli alberi muoiono anche se potresti non pensarci. Dopo molti molti anni (a volte anche meno) si seccano e muoiono. Bertolt è il nome di questa quercia.

Morta. Che bella l’onestà intellettuale delle parole.
E che bello quando gli autori non hanno paura di indugiarsi. La doppia pagina successiva ci fa vedere quando muore un gatto o un uccellino. Morti. “Così è la vita” direbbe Wolf Erlbruch.

E quando tu parli con onestà della morte, ti accorgi di quanto potente sia la vita. La consegni intatta nelle mani del lettore, non ha una sola incrinatura.
Come può essere infatti indebolita se vi abbiamo messo pensiero, sentimento e verità?

Il finale del libro è un omaggio alla vita che è passata per la morte senza retorica.
Ma questo non è un albo a tema, non deve essere strumentalizzato, deve essere letto. E poi chissà cosa succede.

Vi lascio una mia piccola composizione in versi. L’ho dedicata al mio albero caduto.

Forse sarai
relitto germinante
albero caduto,
se il contadino
ti concederà il tempo
lasciandoti qui
esposto nudo
tra il fosso e il campo
come presenza muta
per funghi-coralli
e pesciolini alati
sui tuoi rami non più verdi
ma lo stesso abitati
da ragni, farfalle e libellule.
Sui tuoi fondali umidi
vedró muoversi
file di formiche
e sinuosi lombrichi
mentre i tarli
hanno già disegnato
geroglifici antichi
nelle sabbiose calette
dove la corteccia si
ritira e divelle.
Fosforescenti meduse
diverranno per te
il tarassaco e l’euforbia
e il lichene
sarà dorato rimedio
sulle tua radice storpia
bruciata dal sole.
Sommerso da un vasto
oceano d’erba
mi insegnerai che la morte
è solo una vita
ancora acerba.

Alessia