Anna Bolena – una questione di famiglia, di Hilary Mantel, Fazi Editore.
Per lettori adolescenti appassionati di storia che desiderano libri con uno stile di scrittura vivido e insolito, rubati dal comodino dei loro genitori.
Ai miei tempi, quando si aveva dodici anni succedeva una cosa straordinaria: tutto il mondo della letteratura si spalancava ai tuoi piedi. Non che prima non ci fossero incursioni nella libreria dei genitori, anzi, alcuni libri rubati e letti nel segreto della propria camera rappresentavano ghiotti bottini; ma a dodici anni – più o meno con l’ingresso alla scuola media – le incursioni non solo erano autorizzate, ma perfino incoraggiate.
Ed è vero che i classici per ragazzi erano già da tempo sulla mensola, ma non vorrei sembrare impopolare nel dire che libri come Piccole donne, Il richiamo della foresta, Il giro del mondo in 80 giorni…non hanno spesso molto da spartire con l’odierna e sempre più affollata categoria degli “Young adults”. Perché? Perché rispetto a questo nuovo genere, i classici per ragazzi si rivolgevano ( e si rivolgono tutt’ora) ad un adolescente cittadino del mondo e non solo ad un ragazzo protagonista di oscillazioni umorali, crisi amorose e perturbamenti vari.
E’ vero anche che a volte in mezzo ad un mare magnum di “Yuong adults” scadenti esistono dei veri e propri capolavori, ma per lo più trovo asfittica l’idea di adolescenti che leggono “di adolescenti”: è un po’ come continuare a ripetere nelle nuove pedagogie che “il bambino è al centro”. E’ bello invece stare ai margini, osservare il mondo da una finestra aperta su storie e scritture non a misura, confrontarsi con l’avventura, con l’amore e il dolore a prescindere da se stessi. E’ interessante abitare i confini.
Il libro è una forma di solitudine perfetta, un incontro in solitaria con un altro fuori da noi. E non solo: quando si diventa lettori fluidi è interessante esplorare nuovi stili di scrittura, imbattersi nella lingua segreta dell’immaginazione di qualcun altro che non necessariamente cerca di essere nostro amico con una prosa ammiccante e storie “alla mano”. A dodici anni lessi Sinfonia pastorale di Andrè Gide, a tredici anni Madan Bovary di Gustav Flaubert, a quattordici Le nozze di Cadmo e Armonia di Roberto Calasso …e non sono morta! Anzi nella vita li ho riletti più volte e quante cose ho capito di quella me nel fiorire degli anni! Mio padre mi donava questi libri, e mentre me li metteva tra le mani non sembrava affatto spaventato, anzi, me li consegnava orgoglioso come se mi stesse consegnando gemme preziose.
Così forse non vi stupirete se oggi consiglio ai vostri figli quindicenni un romanzo storico ammirevole. Nonnutro molti dubbi sul fatto che i ragazzi potranno appassionarsi alla voce di Thomas Cromwell che narra in prima persona le tristi vicende alla corte di Enrico VIII.
Le fortune di Cromwell sono cresciute insieme a quelle di Anna Bolena, la seconda moglie del re, per la quale il sovrano ha chiuso i rapporti con la chiesa di Roma e fondato quella Anglicana. La politica di corte sospinge tuttavia l’Inghilterra verso un pericoloso isolamento e Anna fallisce in ciò che aveva promesso: dare alla luce un figlio maschio che assicuri la discendenza dei Tudor. La corona è debole e quando Cromwell assiste all’invaghimento del re per Jane Seymour, la fine del matrimonio con la famiglia Bolein è certa.
Hilary Mantel è l’unica donna ad aver vinto due volte il più ambito premio letterario britannico: il Man Booker Prize. E la cosa sorprendente è che ha conseguito questo premio sia per il primo che per il secondo capitolo della trilogia dedicata a Tudor, di cui Anna Bolena fa parte.
Sono due le cose che più colpiscono di questo romanzo: la capicità di Hilary Mantel di calarsi con tanta acutezza nella mente di un uomo e la sua scrittura imprevedibile, rapida, tagliente come la lama di una fiamma che illumina gli angoli bui di una stanza. E le stanze qui sono i pensieri di Thomas Cromwell, acuti, finissimi eppure mai scevri di compassione per se stesso e per il prossimo, anche se il prossimo poi tocca rinchiuderlo nella torre di Londra o spingerlo tra le braccia del Re. Addentrarsi nella mente di un diplomatico è affascinante perché egli, se è abile, parla fluentemente due lingue pur pronunciando le stesse parole nell’identico idioma (diplomatico viene da duplos – doppio). Quella dei diplomatici, degli uomini doppi appunto, veniva chiamata la lingua degli uccelli , e non si trattava solo di saper conversare (un’arte già di per sé sopraffina), ma di saper usare un linguaggio chiaro e allo stesso tempo ambiguo, capace di far intendere segrete intenzioni, pericoli, delicati affari di stato. Di fronte ad un diplomatico la prima cosa che viene da pensare è: cosa starà pensando davvero?
Ecco Hilary Mantel lo rivela con una scrittura che sa preservare la tensione e l’inganno, ma che sa anche addentrarsi nel cuore di un uomo, là dove mentire è impossibile, perfino a se stessi. Un romanzo di intensi chiaro scuri, di vita traboccante dalle sale affollate e dalle foreste ricche di cacciagione. Una storia che appassiona e che lascia ad ogni pagina la piacevolissima sensazione di avere tra le mani un libro degno di essere letto…anche dai più giovani, perché l’esistenza non cessa mai di parlarci attraverso la letteratura e attraverso i secoli.