Il libro cartonato è un prodotto editoriale in voga dai primi anni ’70. La sua nascita coincide con una nuova idea di bambino e di scuola: le neuroscienze e gli studi pedagogici che da fine ottocento hanno cominciato a delineare l’importanza della prima infanzia e a documentare come il bambino anche sotto i tre anni sviluppi competenze specifiche e importantissime, iniziano ad influenzare in modo consistente l’opinione pubblica; di conseguenza la scuola, e in particolare l’asilo, inizia a perdere la sua connotazione puramente assistenziale (con servizi e strutture per lo più gestite dalla Chiesa) e chiede di essere riconosciuto come scuola a tutti gli effetti pur con connotazioni specifiche (si pensi alle esperienze di Reggio Emilia, Modena, Bologna). In questa piccola rivoluzione – qui riassunta davvero all’osso – vengono pensati e ideati i cartonati, ovvero libri con pagine spesse adatti per essere sfogliati, senza incidenti, da bambini anche molto piccoli (potete leggere un mio articolo qui).
Mi ha sempre sorpreso il fatto che i temi scelti per i primi libri cartonati – e che ancora oggi non smettono di essere proposti – siano state le forme, i colori, i numeri, le lettere, gli animali domestici o da cortile, come se si dovesse fornire ai bambini una sorta di alfabeto di base del mondo. Un mondo ridotto ai suoi codici primari, codici che diventano quasi delle matrici di fabbricazione: le forme della geometria piana – triangolo – cerchio – quadrato / i colori dell’astuccio – giallo – verde – rosso – blu – arancione – marrone – rosa – bianco e nero / i numeri fino a 10 / gli animali del nostro quotidiano – gatto – cane – coniglio – mucca – gallina – maiale – papera – cavallo – pecora / e ancora la A di ape – la B di banana – la C di cane e così via.
Viene dunque da chiedersi: cos’altro serve per nominare il mondo?
Osservando la produzione odierna di cartonati, pare in effetti che il bambino piccolo non necessiti di molto altro, anche se a pensarci bene forse non è affatto così, soprattutto se questo indicare le cose ha perduto il legame con il pensiero che, al tempo, ha portato alla nascita del genere cartonato. Voglio dire che se negli anni ’70 i cartonati nascevano con un intento molto chiaro e da movimenti sociali importanti, oggi non si riflette più tanto sull’importanza o meno di quelle forme primarie, ma ci si limita ad essere soddisfatti del fatto che il bambino sappia abbinare il nome giusto ad un colore o sappia ripetere la cantilena dei numeri fino a 10.
Ma quanti si chiedono ancora se dietro a questo ci sia un perché? La mia impressione è che il perché sia stato inglobato quasi inconsciamente nell’idea generale che un libro renda il bambino più intelligente. E questa riflessione, come ormai sapete, apre molte domande.
Riconosco però che negli ultimi dieci anni il settore cartonato abbia avuto uno slancio.
Se negli anni ’80/’90 è stata la casa editrice Coccinella a portare in Italia un pensiero di un certo tipo rispetto al libro di cartone (e lascio volutamente indietro il libro-gioco) con titoli in voga ancora ancora oggi come “Bruco verde”, il resto dell’editoria si barcamenava con libri cartonati di bassa fattura e di basso pensiero. Dal 2010 invece si nota una produzione più attenta, più raffinata (penso ai libri di Xavier Denaux della casa editrice Margherita, agli ultimi cartonati della Lapis con i disegni di Attilio, ad alcuni titoli della Panini, di Minedition e di Babalibri); Tuttavia è indubbio che a parte alcuni rari casi in cui nel cartonato compare una storia, i temi non sono cambiati: forme, colori e numeri sono ancora lì a dire al bambini di pochi mesi di prendere possesso, solo in modo più lezioso, dei codici base del suo sistema universo.
Per questo ho molto apprezzato i tre cartonati editi da Topipittori: Quando il sole si sveglia, Nel cielo e l’ultimo nato Nel prato.
I libri sono ideati e scritti da Giovanna Zoboli e sono magnificamente illustrati da Philipo Giordano. Qualche mese fa, Giovanna Zoboli sul blog dei Topipittori (una piattaforma che vi consiglio di seguire con costanza) ha pubblicato un articolo dove narra la genesi di questi tre libri (ne manca ancora un quarto che sarà disponibile nella primavera del 2019); di quanto scrive, vorrei riportare qui un piccolo estratto significativo:
Una delle cose interessanti di questi libri – insieme a quella che sono fatti per spingere i bambini a guardare oltre al proprio microcosmo domestico, cosa che per altro è loro congeniale – , è che non solo si possano leggere uno per uno, autonomamente, ma che letti insieme si arricchiscono l’un l’altro, fornendo una sorta di piccola enciclopedia dei mutamenti e della stabilità.
Mi pare molto avvincente il contenuto di questo pensiero soprattutto messo in relazione con quanto ho scritto prima. Se da un lato è evidente che si continui a sottolineare il carattere enciclopedico del cartonato, è indubbio che dall’altro, Giovanna Zoboli, tenti di scavalcare il confine del microcosmo domestico per guardare al mondo da una finestra più ampia.
Ci siamo chiesti come mai le forme, i colori ecc, abbiano finito per far parte del microcosmo domestico di un bambino, e forse la risposta risiede nell’utopia, da parte dell’adulto, che esista una sorta di alfabeto di base attraverso il quale l’infante possa imparare a decodificare la realtà che lo circonda . Del resto si può osservare come tutti gli oggetti dell’infanzia – quasi per contagio – abbia finito per aderire in modo esatto al mondo descritto dai cartonati: dai giocattoli agli arredi ogni cosa nella casa dove abita un bambino, ripete allo spasimo quei codici essenziali (triangoli, cerchi, sempre i soliti 7 colori dell’astuccio, gli animali della fattoria, i numeri, le lettere legate sempre alle stesse parole).
Succede dunque che il bambino piccolo si trovi ad agire in un microcosmo che moltiplica se stesso all’infinito, comunicandogli in maniera del tutto inconsapevole ma di certo chiara, che esiste un solo codice visivo con cui l’adulto definisce il suo mondo. Non ci dovrebbe quindi stupire se i cartoni animati e i libri da supermercato hanno poi così tanta presa sulla loro immaginazione: quella è l’infanzia che noi proponiamo, costruiamo e divulghiamo per loro, un’infanzia sulla quale la maggior parte degli adulti ha smesso di farsi domande, sentendosi rassicurati dal fatto che quel tipo di oggetti, di cartoni animati, quel tipo di arredo, quel tipo di libro è “per bambini”.
Allora ecco che i cartonati di Topipittori, pur con ancora la loro connotazione fortemente enciclopedica, diventano un dono prezioso, una possibilità di rompere gli schemi, di avvicinare i bambini ad una lettura del mondo nuova attraverso pagine dai colori finalmente opachi e microtesti, cpmposti da “frasi minime” – come le definisce la stessa Giovanna Zoboli – “fatte di soggetti e predicati” da poter leggere e ripetere ancora e ancora e ancora.
“I bambini, si sa, – scrive sempre Giovanna Zoboli – quando amano un libro lo leggono e lo rileggono. Tale disposizione alla ripetizione costituisce per l’avveduto autore per ragazzi un importante elemento di cui tenere conto nel costruire i suoi testi.”
Ed è in questa ripetizione che Sul prato svela la sua fine fattura e il pensiero che conduce il lettore, pagina dopo pagina, alla sua piccola storia fatta di un asino che bruca, di un fiore che sboccia, di un seme che germoglia…perché nel macrocosmo fuori dalla porta di casa, tutto avviene secondo fragili schemi e minuscole storie. Ed è esattamente per questo che ai bambini anche molto piccoli, il mondo può appartenere.
Un pensiero su “Sul prato – Albo cartonato”
Esaustivo ed interessante, sopratutto per ciò che riguarda le riflessioni sulla necessità di proposte fuori dagli schemi più comuni anche per bambini molto piccoli.