Tutto inizia da quella zolla ruvida e spigolosa che si sbriciola tra le dita o che resiste tenace alla zappa.
Tra le zolle riposano i semi, siano essi semi d’erba o di ortaggi, di alberi o di arbusti; le zolle contengono e custodiscono una promessa, tenera come un germoglio, verde come la speranza.
Il libro scritto da Julie Fogliano e illustrato da Erin E.Stead “E poi… è primavera” è un racconto dedicato alla terra.
Lo si capisce subito dalla prima pagina:
“All’inizio c’è solo il marrone, marrone dappertutto”.
La tavola che inaugura l’albo illustrato di Babalibri è un paesaggio autunnale. Un albero spoglio fa da quinta a dei campi arati e ad una casetta piccina sbuffa fumo dal camino sul ciglio della collina.
Un bambino in piedi sotto l’ombra di un grande albero, guarda davanti a sé. Che la sua testa sia piena di pensieri lo intuisce bene anche il cane al suo fianco che lo osserva con aria interrogativa: “E adesso cosa facciamo?” sembra domandargli. La tartaruga, il coniglio e gli uccellini in equilibrio sui giunchi ormai secchi, sono tutti in attesa di qualcosa, di un’idea forse.
Anche la terra in autunno sembra immersa in un’immobilità piena di idee, non è così sonnacchiosa come in inverno, quando riposa sotto la neve. La terra in autunno conserva una magia, custodisce sogni ed elabora fantasiose architetture arboree.
L’albero in primo piano suggerisce un sipario, fatto di vento e pioggia, dietro al quale sono pronte a sbocciare tutte le storie possibili; tuttavia nessuna di quelle storie si avvererà se non ci sarà una prima azione, quel passo che si rivela e si materializza in un solo semplice gesto significativo.
Come nella scena iniziale di un buono spettacolo, il gesto è pulito e deciso ed Erin Stead ce lo indica chiaramente, sospendendo l’attimo esatto in cui il seme è tra la mano e la terra, tra il presente e il futuro. Lì in quell’istante, che l’illustrazione sospende , è racchiuso tutto il senso di questo splendido albo.
Un carrellino rosso trasporta dei vasi, dei semi e dei cartellini illustrati per promemoria. Un campo, un seme e un bambino rappresentano la triade più forte e potente a cui possiamo affidare i nostri giorni futuri.
E l’unico modo che abbiamo per coltivare questa promessa buona è saper aspettare, osservando tutto ciò che ci circonda, stando attenti ad ogni dettaglio.
Un’attesa intimamente legata alle zolle marroni che dominano tutte le tavole dell’albo tranne una.
L’albo ruota esattamente intorno all’idea di primavera del lettore. In quel “E poi…” del titolo è racchiuso il senso di un attesa lunga un inverno.
Forse per un certo tempo della nostra infanzia la Primavera ci ha colto all’improvviso, inaspettatamente; ma a poco a poco abbiamo intuito lo scorrere del tempo, abbiamo imparato ad apprezzare il gusto e i profumi delle stagioni e insieme al piacere è nato, nel cuore del bambino che siamo stati, il tempo dell’attesa.
“E poi… è primavera” ci dice che l’attesa non significa avere fretta di arrivare all’ultima pagina, ma concederci l’occasione di coltivare i giorni.
Occorre attraversare questo libro gustando le parole di Julie Fogliano, osservando ogni particolare delle illustrazioni di Erin Stead.
Il bambino del libro ci guida: ha aspettato sotto la pioggia, ha osservato la terra con una lente d’ingrandimento, ha provato la delusione, ha riseminato con fiducia, si è preoccupato, ha ascoltato e scoperto che il marrone
“ha un mormorio verde che puoi sentire solo se chiudi gli occhi e appoggi l’orecchio a terra”.
Intanto le settimane sono passate e i vestiti del bambino si sono fatti via via più leggeri, il marrone della terra si è tinto di bellissime sfumature ocra e il camino della piccola casa ha sbuffato sempre meno. E poi un giorno
“tu esci fuori a controllare tutto quel marrone, ma il marrone non c’è più, adesso c’è il verde, verde dappertutto.”
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