Il piccolo libro è sullo scaffale adibito a libreria. Linda si alza decisa dal tappeto sul quale sta giocando a costruire alcune torri con rocchetti di cartone; trotterella fino alla libreria e, afferrato il libro, comincia a sfogliarlo con molta attenzione. Le belle figure stanno probabilmente evocando in lei pezzi di racconto, perché Linda borbotta tra sé e sé qualche parola mentre il suo dito scorre sulle pagine illustrate. Giunta infine ad un’immagine particolarmente attraente sulla quale spesso ha posto molte domande, emette un gridolino di soddisfazione: sulla pagina c’è il volto di una donna incorniciata da lunghi capelli che come spire avvolgono una piccola città con molte torri.
Cosa ci stupisce sul fatto di trovare un libro di Italo Calvino al nido?
Linda ha appena compiuto due anni e il libro di cui si parla è “La foresta radice-labirinto” di Italo Calvino, illustrato da Nicoletta Ceccoli, edito da Mondadori. Cosa ci fa un libro così complesso nella libreria di un nido?
Con tutta probabilità è stato portato a scuola da una maestra un po’ eccentrica, con le idee un po’ confuse su quali siano le letture più adatte a dei bambini piccoli.
Tutti stanno leggendo un libro, in silenzio. La maestra ha affidato a ciascuno una lettura diversa, scegliendo con cura il titolo per ogni bambino. Anche la maestra sceglie dallo scaffale un libro per sé e a sua volta si siede sul tappeto.
Con la coda dell’occhio osserva i suoi piccoli lettori: c’è chi legge il libro al contrario, chi lo esplora toccandolo, chi salta le pagine per trovare la sua immagine preferita, chi salta le pagine per il gusto di farlo e chi è immerso nella storia e la narra a bassa voce seguendo le illustrazioni.
Che cos’è lo stupore?
Un senso di attonita meraviglia.
E cosa ci deve meravigliare di più? Il fatto che un libro come questo sia in un asilo nido o l’attrattiva che un libro esercita su un bambino?
Se per qualche minuto ci dimenticassimo il titolo e l’autore, potremmo guardare verso lo scaffale e vedere semplicemente un libro, non troppo grande, che sulla copertina dallo sfondo azzurro ha raffigurato un grande ramo ricurvo con sopra una fanciulla, forse in bilico.
L’armonia dei colori è già sufficiente per farci avvicinare.
Se poi per incanto scomparissero le parole, allora potremmo sfogliarlo senza pregiudizi.
All’interno vedremmo solo illustrazioni in scala di grigio avvolte in un’atmosfera misteriosa, strani personaggi persi in un groviglio di rami (o sono radici?) e uno strano uccellino che fa capolino quasi ovunque.
Ecco, ora ci siamo lasciati stupire e forse anche a noi viene voglia di saltare le pagine per ritrovare quella bella figura vista poco prima o di annusare la carta perché il bianco e nero ci richiama alla memoria l’odore dell’inchiostro; o forse improvviseremmo una storia o guarderemmo le illustrazioni al contrario (e allora davvero avremmo delle sorprese!).
Siamo stati dunque catturati da un libro ben fatto, ma proprio sul più bello, come accade nella migliore tradizione fiabesca, qualcosa rompe l’incantesimo: ricompaiono le parole stampate (e sono davvero tante), ci ricordiamo del titolo (un po’ complicato) e dell’autore (Italo Calvino appunto).
Ed eccoci nuovamente stupiti e senza fiato… ma è proprio ora che il fiato non ci deve venir meno perché è il momento di leggere ad alta voce.
Sul tappeto i bambini stanno ancora leggendo i loro libri; in mezzo a loro anche la maestra continua a leggere in silenzio. Dopo qualche minuto, il silenzio si incrina ed è Francesco il primo ad avvicinarsi al libro della maestra. Tutti i bambini si raccolgono intorno a lei. Quando il piccolo pubblico si fa troppo invadente la maestra chiude il libro per riaprirlo subito dopo, nell’entusiasmo generale, alla prima pagina. Gira il libro verso i bambini e cercando lo sguardo di tutti inizia a leggere… “In una foresta così fitta che ci faceva buio anche di giorno…”
Cos’è un libro per bambini?
Spezzato l’incantesimo e ricomparse le parole torniamo a chiederci il perché della presenza di Calvino in un Nido. Se una domanda è interessante e ben posta genera risposte complesse e allo stesso tempo altre domande. Ci siamo chiesti cosa sia lo stupore, ora ci chiediamo cosa rappresenti per noi un libro per bambini.
Forse non basta lasciarsi sedurre da delle belle illustrazioni; la tendenza educativa degli ultimi tempi pare virare decisamente verso la “ragione”, per cui abbiamo bisogno non solo di emozioni, ma anche di rassicuranti contenuti. Specialmente se si è in ambito scolastico, la trasmissione di significati sembra essere imprescindibile.
Da sempre, nella nostra cultura, riteniamo che lo strumento più adatto a svolgere questa funzione sia il libro.
Ma in che modo si possono passare dei contenuti a dei bambini che non sono ancora in grado di leggere? Attraverso il narrare, che è il raccontare il mondo attraverso una storia. I genitori lo sanno bene: quante cose nel quotidiano si insegnano ai propri figli attraverso l’invenzione di piccole storie! Non esiste metafora più potente.
Dimentichiamo spesso quanto siamo abili nell’inventare storie,lo facciamo continuamente senza accorgercene, con disinvoltura e allegria.
Quando si parla di scuola tutto questo viene, in un qualche modo, vincolato: il libro, il narrare, nel luogo per eccellenza predisposto all’educazione, sono spesso soggiogati a regole ancora più strette; il libro non solo deve trasmettere contenuti, ma deve essere proposto in modo adeguato e deve essere consono all’età dei bambini.
Semplicità è la parola che si affaccia subito alla nostra mente quando pensiamo ad una caratteristica del libro per l’infanzia. “La foresta radice-labirinto” sfugge subito da questa categoria perché, anche senza averlo letto, il testo appare troppo ricco, ha troppe parole, come direbbe qualcuno, e per di più “scritte in piccolo”.
Di seguito alla semplicità e in un certo senso derivate da essa, ci appaiono subito chiare altre caratteristiche per definire un libro per bambini: il libro deve essere colorato ( e nella “Foresta radice- labirinto le illustrazioni sono in bianco e nero), le figure amabili ( e la Ceccoli non ci risparmia certo visioni oniriche e misteriose), la trama lineare (e anche su questo versante il libro di Calvino non guadagna punti).
La maestra, dopo aver letto la prima pagina, senza dir nulla si allontana, con il libro in mano, verso la cesta che contiene gli scampoli di stoffa.
I bambini ancora immersi nella lettura, seguono con gli occhi attenti la maestra che si allontana.
Mattia si alza e corre verso di lei: tutti lo seguono. Nessuno parla, sembra uno strano gioco a rincorrersi.
La maestra guarda i bambini, ammiccando fugge veloce con il libro in mano e si nasconde dietro alla colonna che sta in mezzo alla stanza. Questa volta tutti la seguono immediatamente ridendo eccitati. Il gioco continua per qualche minuto. Infine la maestra torna a sedersi sul tappeto e dice qualcosa di strano, anzi, emette un verso “Koach, Koach!”. I bambini si fermano e ascoltano. All’improvviso dalle pagine del libro esce un guizzo verde e rosso che svolazza sopra le loro teste e cinguetta “Koach, Koach!” .
La stoffa colorata si posa a turno tra i bambini che ridono divertiti.
Curiosità e complessità
Abbiamo dunque abbandonato il senso della meraviglia e il piccolo lettore naif che è in noi, lascia il posto ad un lettore più attento, razionale, pedagogico.
Eppure c’è ancora un’attrazione, un’eco che inspiegabilmente ci spinge sul libro di Calvino. Il fanciullo che è in noi si è stupito e niente potrà più essere come prima.
Non vi è spinta più forte per trasmettere contenuti e significati della nostra stessa curiosità che ci sprona ad esplorare, a farci domande, a superare i limiti di categorie ormai troppo strette, che ci infastidiscono come vecchi maglioni infeltriti.
Narrare, raccontare, trasmettere sono verbi liberi che poco hanno a che fare con gli stereotipi con cui noi pensiamo l’infanzia.
Se siamo attratti da un libro, sarà quella alchimia a farci trovare il modo per renderlo fruibile anche per piccoli lettori. Significati sottili passeranno attraverso la nostra voce e tradurranno in emozioni anche ciò che non siamo in grado di spiegare a noi stessi, cioè quelle malie inconsce che in ultimo rappresentano il fascino archetipico delle storie. Le fiabe parlano aldilà di una lettura psicanalitica, sono complesse o semplici a seconda di quante volte le abbiamo sentite narrare.
Posti dunque di fronte al libro di Calvino ed essendo ormai stati stupiti da esso, la domanda che ora ci possiamo porre, non è se si possa o meno narrare “la Foresta radice-labirinto” a bambini molto piccoli, ma perché abbiamo smesso di farlo.
Le parti in corsivo sono esperienze realmente vissute in un PGE (piccolo gruppo educativo) del comune di Bologna.
Un pensiero su “La foresta radice-labirinto in un nido d’infanzia”